cretinodicrescenzago ha valutato Un anno senza te: 4 stelle

Un anno senza te di Luca Vanzella, Giopota
Dodici mesi, dodici momenti nella vita di un giovane uomo che cerca sé stesso e di farsi una ragione per …
cretinodicrescenzago Blocca account
cretinodicrescenzago@lore.livellosegreto.it
Registrato 10 mesi, 3 settimane fa
Il classico nerd sinistronzo: leggo narrativa fantastica classica, narrativa realistica con una trama (quindi niente dick lit), saggi di scienze sociali marxisti-femministi-decoloniali-froci, testi di mitologia, filosofia pagana e magia, e roba che tiene assieme tutto ciò. Salvo dove indicato diversamente, ho composto le recensioni a ridosso della prima lettura, quindi le primissime risalgono al 2017 quando avevo ventun anni e qualcosa – abbiate pietà delle mie ingenuità.
Questo collegamento si apre in una finestra pop-up

Dodici mesi, dodici momenti nella vita di un giovane uomo che cerca sé stesso e di farsi una ragione per …
[Vecchia recensione di quando ero pischello, abbiate pietà]
Sam fa il fotografo e sta facendo un reportage da New York: vuole restare per due mesi senza parlare con nessuno, e documentare tutto con le sue foto. Tutto va bene, finché il nostro non sviluppa una memory stick fra tante e nota una cosa assurda: ci sono foto che non ricorda di aver fatto, e in tutte appare una donna che lui non conosce. Da qui inizia il nostro viaggio nel modo di vivere e di pensare di Sam, da un lato, e dall'altro nella natura di New York – una grande città in cui le vite umane non possono non toccarsi e deviarsi di traiettoria l'un l'altra. Il risultato è una storia di elaborazione del dolore, di scontro con la disabilità, di costruzione di schemi confortevoli e di superamento dei propri limiti per riuscire a vivere meglio. In una parola, …
[Vecchia recensione di quando ero pischello, abbiate pietà]
Sam fa il fotografo e sta facendo un reportage da New York: vuole restare per due mesi senza parlare con nessuno, e documentare tutto con le sue foto. Tutto va bene, finché il nostro non sviluppa una memory stick fra tante e nota una cosa assurda: ci sono foto che non ricorda di aver fatto, e in tutte appare una donna che lui non conosce. Da qui inizia il nostro viaggio nel modo di vivere e di pensare di Sam, da un lato, e dall'altro nella natura di New York – una grande città in cui le vite umane non possono non toccarsi e deviarsi di traiettoria l'un l'altra. Il risultato è una storia di elaborazione del dolore, di scontro con la disabilità, di costruzione di schemi confortevoli e di superamento dei propri limiti per riuscire a vivere meglio. In una parola, commovente.
Avviso sul contenuto Considerazioni sulla rappresentazione nel romanzo di violenze carnali
Nella mia testa il periodo natalizio è stagione per romanzi high fantasy, e nei miei ritmi di lettura sta inequivocabilmente emergendo l'abitudine di sciropparmi ogni semestre una saga di nonno Mike Moorcock, quindi questo Dicembre ho fatto il grande salto e ho iniziato la prima delle due trilogie del principe Corum dalla Veste Scarlatta, uno dei Quattro Eroi che sono Uno assieme al mio amato John Daker e al mio odiato Elric di Melniboné.
S-P-E-T-T-A-C-O-L-A-R-E
Detto in breve, questo primo romanzo della sequenza, The Knight of Swords, offre egregiamente tutte quelle esperienze che in teoria sono il punto forte della saga di Elric, ma in realtà funzionano grossomodo solo in 2 romanzi e mezzo su 8 (guardacaso, quelli contemporanei al ciclo di Corum): abbiamo un mondo di straordinaria antichità, palesemente alieno rispetto al nostro e stracolmo di esseri fatati e di fenomeni geografici assurdi e conturbanti, dalle città incantante precipitate in una valle a un'intera terra di lava e ossidiana ai confini del Polo Nord; ci sono atti di violenza gratuita da parte dei malvagi che ci mettono il voltastomaco e innescano uno splendido crollo emotivo e valoriale nel nostro Corum, rendendolo un anti-eroe coerente e credibile (ma parlando di violenza in scena mi fa abbastanza incazzare che i razziatori umani sevizino e stuprino a morte le parenti di Corum, e ciò ovviamente è male, ma la margravina Rhalina droghi e stupri per piacere personale Corum stesso, e da qui parta il loro amore.... Dio santo i doppi standard!); abbiamo un sistema di magia che spazia a livello tonale dal sardonico-parodico di sapore vanciano all'orrorifico quasi lovecraftiano, e si basa sempre sulla fantastica cosmologia moorcockiana dell'evocazione di creature da un piano all'altro del Multiverso e sull'Equilibrio Cosmico che deve bilanciare Legge e Caos, tutti elementi portati in scena con pathos ed eleganza – splendido soprattutto lo scontro di Corum con l'eponimo Cavaliere delle Spade, sul quale non dirò altro. Aggiungiamo un ritmo incalzante con cliffhanger perfetti e una lunghezza irrisoria che riempie di sostanza ogni pagina, e io vorrei proprio capire chi me lo fa fare di leggere i mattoni da 1000 pagine degli autori tolkienisti: Corum tutta la vita, dritto dritto con John Daker fra i miei prediletti!
Ora speriamo solo che la qualità non crolli nei prossimi volumi...
Avviso sul contenuto Si commenta un colpo di scena legato all'identità di un personaggio
Non ho resistito e dopo aver letto questa estate The Land Leviathan ho deciso di completare la trilogia del capitano Bastable con questo The Steel Tsar, pur sapendo bene che i pronostici non fossero buoni: notoriamente Moorcock ha creato questo romanzo partendo da scene tagliate del primo episodio, The Warlord of the Air, la prima stesura venne fuori disastrosa, e l'ha riscritto in gran parte per integrarlo "meglio" entro la macro-saga della Gilda degli Avventurieri Temporali (in cui ricadono anche i bellissimi Behold The Man e Breakfast in the Ruins and other stories). Ora, questa gestazione infelice sicuramente si avverte nei tempi narrativi del romanzo, che in teoria presenta i canonici tre atti ricalcati sul ritmo del secondo tomo (Singapore, Rowe Island e l'Ucraina) ma in realtà è nettamente bipartito con l'accetta fra la claustrofobica avventura di Bastable in Asia Sudorientale, che ha molto del romanzo esistenzialista di terribili tensioni sociali entro una città micro-cosmo (non dico Lo straniero, ma quasi), e una vicenda più convenzionalmente hollywoodiana di battaglie fra dirigibili e automi nei cieli d'Ucraina, palesemente ricalcata su certe situazioni di The Warlord of the Air... ma ciò non è necessariamente un male, perché se il primo "episodio" è un fenomenale Moorcock che scrive narrativa "di costume" e "di maniera" (o, diciamolo pure, "psicologica"), il secondo "episodio" gioca a proprio vantaggio le somiglianze con il primo romanzo per costruire un notevolissimo sviluppo caratteriale di Bastable e una risoluzione convincentissima del suo conflitto personale, decisamente superiore al climax analogo vissuto da John Daker in The Dragon in the Sword. Certo, questo impianto lascia un po' spiacevolmente fra parentesi gli eventi del secondo romanzo, in relazione alla trama generale, e appiattisce l'antagonista di questo tomo, lo Zar d'Acciaio Josef Dzhugashvili, in una caratura un po' piatta di mero antagonista, ben meno interessante dei suoi due predecessori piacevolissimamente antieroici, il generale O. T. Shaw e l'Attila Nero – ma in compenso abbiamo sul campo due comprimari carismatici quali Nestor Makhno ed Elric di Melniboné sotto il suo simpaticissimo alias di Monsieur Zenith, che personalmente ho amato sia per i messaggi morali positivi di cui sono portavoce sia per il bel lavoro di costruzione organica del Multiverso moorcockiano. E il finale catartico degno di The Warhound and the World's Pain è stato la ciliegina sulla torta.
Grazie capitano Bastable della compagnia, grazie compagno Moorcock per questa fantascienza libertaria leggera che fa squadra con quella aulica della compagna Ursula K. Le Guin.
In sé e per sé, The Land Leviathan è una rilassante lettura da treno o da ombrellone con una tranquillissima trama d'avventura retrofuturista, ma ha quel tocco del miglior Moorcock che lo fa risaltare rispetto alla media.
In primo luogo, praticamente un terzo del romanzo è costituito da una cornice narrativa in cui il nostro autore finge di ritrovare un diario personale del suo defunto nonno Michael Moorcock Sr., colui che aveva intervistato il capitano Oswald Bastable e pubblicato le sue memorie col titolo di The Warlord of the Air, in cui il nonnino racconta un suo viaggio in Cina alla ricerca del suo scomparso amico Oswald, e questa ricerca spiraleggia in una truculenta vignetta sui disordini militari del tardo impero Qing immediatamente antecedenti alla rivoluzione repubblicana del 1912 (non chiedetemi se è una vignetta accurata, di sicuro è appassionante) – fino a che nonno Moorcock non recupera un …
In sé e per sé, The Land Leviathan è una rilassante lettura da treno o da ombrellone con una tranquillissima trama d'avventura retrofuturista, ma ha quel tocco del miglior Moorcock che lo fa risaltare rispetto alla media.
In primo luogo, praticamente un terzo del romanzo è costituito da una cornice narrativa in cui il nostro autore finge di ritrovare un diario personale del suo defunto nonno Michael Moorcock Sr., colui che aveva intervistato il capitano Oswald Bastable e pubblicato le sue memorie col titolo di The Warlord of the Air, in cui il nonnino racconta un suo viaggio in Cina alla ricerca del suo scomparso amico Oswald, e questa ricerca spiraleggia in una truculenta vignetta sui disordini militari del tardo impero Qing immediatamente antecedenti alla rivoluzione repubblicana del 1912 (non chiedetemi se è una vignetta accurata, di sicuro è appassionante) – fino a che nonno Moorcock non recupera un secondo volume di memorie scritto di proprio pugno dal capitano Bastable, e con ciò si instaura il meccanismo metanarrativo per cui Moorcock Jr. stesso diventa un personaggio delle sue saghe, meccanismo cruciale (a quanto so) nella successiva trilogia del Secondo Etere. Terminato il resoconto di nonno Moorcock, il nuovo diario del capitano Bastable ci racconta di un secondo viaggio spaziotemporale in una nuova Terra parallela ove la seconda rivoluzione industriale ha portato anzitempo a comunicazioni istantanee e robotizzazione dell'industria – solo che stavolta il progresso è stato così repentino da degenerare precocemente in una Guerra Mondiale a livelli da olocausto non-nucleare, così che la vicenda si tripartisce fra i vagabondaggi di Oswald per Paesi devastati e ridotti al banditismo truculento (modello Ken il guerriero o Mad Max, per intenderci), soste rasserenanti in località amene e serene governate da menti illuminate, e imponenti battaglie fra carri armati ciclopici che vedono Bastable confrontarsi con il titanico "Attila Nero", controparte del generale O. T. Shaw deuteragonista del primo romanzo. Oggettivamente, a questo giro c'è un certo qual senso di dejà vu rispetto al precedente episodio, specialmente se pensiamo che la vita quotidiana nella Terra parallela ci è mostrata più per spiegoni astratti che per vere scene di vita quotidiana, e che ancora una volta il tema generale è una riflessione decoloniale e antirazzista relativamente elementare, ma a mio giudizio il ritmo serrato e appassionante della trama e la bella caratterizzazione di "Attila" rendono il romanzo una buona opera iper-introduttiva per approcciarsi al tema a un livello semplice, preliminare alla lettura di scritti più impegnati come i classici saggi Donne, razza e classe e Italiani, brava gente?, la raccolta di racconti Ladri di denti e il manuale di autoconsapevolezza Me and White Supremacy: Combat Racism, Change the World, and Become a Good Ancestor.
Che dire, non male zio Mike, non male affatto.
L'inverno è la stagione del Moorcock ("Non dire idiozie, è sempre la stagione del Moorcock") e siccome avevo voglia di fantascienza ho iniziato la trilogia del capitano Oswald Bastable, che mi tentava ormai da un sacco di tempo. E wooh, inizio col botto!
A quanto pare, The Warlord of the Air è il primissimo romanzo steampunk mai composto, e contiene tutte le cose che mi sono piaciute nelle mie (poche) escursioni pregresse nel genere. Ucronia che si sgancia dalla nostra linea temporale a fine Ottocento? C'è. Sviluppo tecnologico che arriva alle tecnologie odierne seguendo altri percorsi, trasmettendo una sensazione di "plausibile ma un po' straniante"? C'è. Personaggi storici reali che appaiono in vesti diverse, alla luce della nuova linea temporale? Ci sono. Scene di vita quotidiana che ci mostrano con gusto vignettistico la società alternativa? Ci sono. Una trama di argomento politico che ragiona seriamente sulle implicazioni socioeconomiche di una …
L'inverno è la stagione del Moorcock ("Non dire idiozie, è sempre la stagione del Moorcock") e siccome avevo voglia di fantascienza ho iniziato la trilogia del capitano Oswald Bastable, che mi tentava ormai da un sacco di tempo. E wooh, inizio col botto!
A quanto pare, The Warlord of the Air è il primissimo romanzo steampunk mai composto, e contiene tutte le cose che mi sono piaciute nelle mie (poche) escursioni pregresse nel genere. Ucronia che si sgancia dalla nostra linea temporale a fine Ottocento? C'è. Sviluppo tecnologico che arriva alle tecnologie odierne seguendo altri percorsi, trasmettendo una sensazione di "plausibile ma un po' straniante"? C'è. Personaggi storici reali che appaiono in vesti diverse, alla luce della nuova linea temporale? Ci sono. Scene di vita quotidiana che ci mostrano con gusto vignettistico la società alternativa? Ci sono. Una trama di argomento politico che ragiona seriamente sulle implicazioni socioeconomiche di una società neo-vittoriana? C'è, è il cuore del romanzo, e funziona egregiamente nonostante Moorcock non sia per nulla sottile nel mettere in bocca ai personaggi opinioni e dibattiti: diciamo che riesce a risultare trasparente senza cadere nel pedantesco e didattico (che poi è ciò che mi trattiene dal leggere Babel: An Arcane History, a giudicare da alcune recensioni). E poi, le scene di viaggio in aeronave e di battaglie terra-aria sono un autentico bijoux: chiunque sia amante del fantasy giapponese tradizionale non può non leggere questo romanzo, perché senza di esso non avremmo, per dirne due, né i Final Fantasy né I Cieli di Escaflowne. A tutto questo aggiungiamo un'eccellente prosa in prima persona come quella delle saghe di John Daker e dei Von Bek (anni luce sopra quella del ciclo di Michael Kane), e ne viene fuori un romanzo d'avventura in forma quintessenziale che trasuda personalità, fila via velocissimo, ma in corso d'opera tiene il cervello acceso offrendo sempre qualcosa su cui cogitare – che poi era esattamente il senso degli scientific romances di H. G. Wells, di cui questo libro è omaggio e nipote. Si conferma la mia preferenza per il Moorcock sci-fi e science fantasy, e sicuramente tornerò a trovare il capitano Bastable nelle prossime settimane.

“Ursula Le Guin is more than just a writer of adult fantasy and science fiction . . . she is …

Da alcuni anni le aziende della Silicon Valley promettono abbondanza, prosperità, riduzione delle disparità e una nuova società in cui …
A livello di vastità della ricerca e acume dell'analisi etnografica, questo testo è assolutamente egregio e ricostruisce benissimo sia le origini storiche e lo sviluppo secolare della Santa Morte, sia le pratiche cultuali contemporanee e la posizione di queste pratiche nella religiosità latinoamericana ampia. Pecca, però, sotto due fronti: in primis, ci sono evidenti ripetizioni e cesure malfatte fra il nucleo originario del testo e i nuovi dati aggiunti alla seconda edizione; in secundis, manca una genealogia precisa e una mappatura dei legami reciproca fra i vari templi e chiese dedicati alla Santa Muerte (i dati sono sparsi qua e là o impliciti, ma manca la sistematizzazione); in tertis, questa edizione italiana ha voluto tradurre, appunto, la seconda edizione... ma ne è appena uscita una terza, e io dubito che l'autore l'abbia messa assieme dal nulla senza dire nulla ai propri agenti.
Nella sua brevità e compattezza, un testo a mio giudizio ben argomentato e documentato (ma non sono uno specialista) che va a sostenere con tenacia una tesi molto pragmatica: se l'URSS è crollata su sé stessa lasciandosi alle spalle degli Stati cleptocratici e reazionari, è perché sin dalle sue origini ha tradito le promesse di uguaglianza sostanziale e libertà personale in favore dell'ortodossia ideologica e della lealtà al corpo dirigente, con la conseguenza che già nella tarda età di Lenin lo Stato si era trasformato in un sistema oligarchico pacificato con il bastone della repressione e la carota dello stato sociale – e gli appuntamenti con la Storia che avrebbero potuto sbloccare la situazione attraverso una liberalizzazione del pensiero e della vita pubblica sono stati tutti mancati, vuoi per l'inettitudine di Trotsky nel suo scontro con Stalin, vuoi per l'ambizione imperialista di Kruscev nel volere la "destalinizzazione in un solo …
Nella sua brevità e compattezza, un testo a mio giudizio ben argomentato e documentato (ma non sono uno specialista) che va a sostenere con tenacia una tesi molto pragmatica: se l'URSS è crollata su sé stessa lasciandosi alle spalle degli Stati cleptocratici e reazionari, è perché sin dalle sue origini ha tradito le promesse di uguaglianza sostanziale e libertà personale in favore dell'ortodossia ideologica e della lealtà al corpo dirigente, con la conseguenza che già nella tarda età di Lenin lo Stato si era trasformato in un sistema oligarchico pacificato con il bastone della repressione e la carota dello stato sociale – e gli appuntamenti con la Storia che avrebbero potuto sbloccare la situazione attraverso una liberalizzazione del pensiero e della vita pubblica sono stati tutti mancati, vuoi per l'inettitudine di Trotsky nel suo scontro con Stalin, vuoi per l'ambizione imperialista di Kruscev nel volere la "destalinizzazione in un solo Paese", vuoi per la miopia economica di Andropov e Breznev nel non puntare sul cybercomunismo, vuoi per la viltà di Gorbacev nel suo progetto velleitario di trasparenza. Nel complesso, un'amara dimostrazione che il socialismo reale ha fallito per il suo essere autoritario e quiescente, e che la sua derivazione maoista sta invece tenendo botta perché autoritaria ma spregiudicata.
A parte il fatto che Varengo è una compagna deliziosa, questo saggio nato come tesi di laurea e man mano revisionato è davvero valido e un ottimo complemento alla raccolta di articoli La prossima rivoluzione: come quella è un'autoritratto di Bookchin, questo è un ritratto tracciato da uno sguardo esterno, che ricostruisce la formazione del nostro ed esplica molto bene i pensieri altrui con cui egli si è posto in dialogo (in particolare lo scontro con l'ecologia profonda e il rapporto deuteragonistico con i partiti verdi). E in particolare, conferma e fornisce una base valida per discutere i punti critici del pensiero bookchiniano, cioè in buona sostanza l'eurocentrismo positivista di fondo. Non do punteggio massimo solo perché l'introduzione (non di Varengo) è di un accademismo esasperato e illeggibile.
Un'egregia raccolta di articoli brevi e medi in cui Bookchin delinea con estrema chiarezza il suo pensiero, sia esponendo le fallacie dell'anarchismo classico, del marxismo leninista e del sindacalismo militante, sia proponendone una sintesi coerente nel sistema del confederalismo di municipalità con pianificazione economica ecologista. Non do punteggio pieno perché questa traduzione italiana, in realtà, è parziale e cerca pure di nasconderlo: mancano un intero saggio, il paragrafo finale di un altro, e ci sono tagli vari nel corpo di un terzo. BFS Edizioni ha avuto una bella faccia di merda, a mutilare così l'opera.

Se non faremo l'impossibile ci troveremo di fronte l'impensabile!
Per Murray Bookchin l’unica soluzione possibile al disastro ecologico è la …