Avete presente il classico film italiano, con forogrtafia livida e magari con Margherita Buy, che tratta di una famiglia disfunzionale o di coppie in crisi e in cui a un certo punto arriva la scena madre con tutti che si gridano di tutto? Bene, questo libro è l'equivalente letterario. Ma non è così male, la premessa è buona: una famiglia borghese tutto sommato normale che viene a contatto con il Male nella forma di James Tocci, un uomo che sedurrà la figlia e ne combinerà di tutti i colori alla famiglia; i personaggi principali sono molto ben tratteggiati, l'autrice da questo punto di vista ha fatto un ottimo lavoro a renderli tridimensionali; il libro copre 25 anni di vita e l'evoluzione dei personaggi è complessivamente buona; è anche buona la ricostruzione della vita in provincia. Ma...le scene madri di cui ho parlato sopra sono una dietro l'altra, con ogni personaggio …
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XX ha recensito I giudizi sospesi di Silvia Dei Pra'
Un film italiano
3 stelle
Avete presente il classico film italiano, con forogrtafia livida e magari con Margherita Buy, che tratta di una famiglia disfunzionale o di coppie in crisi e in cui a un certo punto arriva la scena madre con tutti che si gridano di tutto? Bene, questo libro è l'equivalente letterario. Ma non è così male, la premessa è buona: una famiglia borghese tutto sommato normale che viene a contatto con il Male nella forma di James Tocci, un uomo che sedurrà la figlia e ne combinerà di tutti i colori alla famiglia; i personaggi principali sono molto ben tratteggiati, l'autrice da questo punto di vista ha fatto un ottimo lavoro a renderli tridimensionali; il libro copre 25 anni di vita e l'evoluzione dei personaggi è complessivamente buona; è anche buona la ricostruzione della vita in provincia. Ma...le scene madri di cui ho parlato sopra sono una dietro l'altra, con ogni personaggio che prima o poi litiga ferocemente con tutti gli altri personaggi. La cosa all'inizio è fastidiosa, poi diventa insopportabile, e verso la fine vira verso il comico/autoparodistico. Anche perché, complici pure una certa quantità di personaggi secondari ben poco indispensabili, il libro è lunghetto, sfiora le 500 pagine. Tutto sommato il libro non è male, ma con una seria sforbiciata di litigate e personaggi sarebbe potuto essere molto meglio.
XX ha risposto allo stato di Maurizio Carnago
@bluoltremauri non è male. Ha grossi debiti (diciamo pure che è un grande omaggio) verso Mark Twain, ma presenta anche qualche twist strutturale piuttosto inaspettato. Secondo me merita la lettura.
XX ha finito di leggere California di Francesco Costa
I saggi di Costa sull'America sono interessanti perché portano alla luce alcuni aspetti che da noi, nonostante tutto il bombardamento di informazione, non hanno ancora conquistato i media. E quindi, questa fuga dalla California, la voglia di andar via dal ricchissimo stato roccaforte dei democratici con un'economia fiorente, colpisce non poco. Costa analizza le motivazioni (di base, spoiler, un mercato immobiliare fuori controllo, ma non solo) e le conseguenze, su tutte la quantità spaventosa di senzatetto, senza risparmiare analisi politiche non sempre condivisibili al 100%, ma comunque ben argomentate. Quello che secondo me colpisce di più è in parte la sensazione che qualcosa del genere possa accadere anche altrove, magari in piccolo (perchè si sa, in America devono sempre fare le cose in grande, anche quando falliscono), e la morale, per quanto banale, che se c'è di mezzo l'egoismo umano, qualunque luogo può diventare un postaccio da cui scappare.
@H9k Gran libro. Se sei interessatə al Simenon extra-Maigret, io consiglio sempre "Lettera al mio giudice" e "L'uomo che guardava passare i treni". Li trovi due gioiellini.
XX ha recensito Il banchetto annuale della confraternita dei becchini di Mathias Enard
Francia profonda
5 stelle
Probabilmente conquistato dal titolo molto intrigante, questo libro è stata una bella scoperta. Si tratta, in breve, di un racconto della Francia provinciale più profonda nella sua evoluzione e nel suo stato odierno, compiuto attraverso una serie di ritratti e diversi punti di vista. Andiamo con ordine: il libro parte col diario di un etnologo parigino, un dottorando che si trasferisce in provincia per una ricerca. Dopo poche pagine si chiarisce che razza di imbecille sia quest'uomo (e non è frequente leggere un punto di vista di un imbecille) e come il suo atteggiamento nei confronti dei paesani sia orribile. Quando il punto di vista del visitatore ha tracciato un quadro abbastanza completo del contesto, il libro cambia. Si parte con una serie di piccoli ritratti, avanti e indietro nel tempo, di persone e a volte animali che sono vissuti o stanno vivendo nella zona, ricostruendo piano piano un puzzle …
Probabilmente conquistato dal titolo molto intrigante, questo libro è stata una bella scoperta. Si tratta, in breve, di un racconto della Francia provinciale più profonda nella sua evoluzione e nel suo stato odierno, compiuto attraverso una serie di ritratti e diversi punti di vista. Andiamo con ordine: il libro parte col diario di un etnologo parigino, un dottorando che si trasferisce in provincia per una ricerca. Dopo poche pagine si chiarisce che razza di imbecille sia quest'uomo (e non è frequente leggere un punto di vista di un imbecille) e come il suo atteggiamento nei confronti dei paesani sia orribile. Quando il punto di vista del visitatore ha tracciato un quadro abbastanza completo del contesto, il libro cambia. Si parte con una serie di piccoli ritratti, avanti e indietro nel tempo, di persone e a volte animali che sono vissuti o stanno vivendo nella zona, ricostruendo piano piano un puzzle che compone la vita in campagna, con alcune storie episodiche e altre più dominanti e ricorrenti. Contemporaneamente, l'autore espone la sua visione di quel che succede dopo la Morte, tema che permea il libro. E infatti l'eponimo banchetto avviene a metà del libro, ed è una gustosissima e sterminata descrizione di crapuloneria, una celebrazione della vita e della morte. Verso la fine, torna il punto di vista dell'etnologo. Per il quale qualcosa è cambiato. Oltre a tutto ciò, ho trovato il libro scritto e tradotto molto bene, con un gusto per la parola e la precisione della terminologia che credo renderebbe il libro molto apprezzabile se letto in francese, con un livello di conoscenza della lingua approfondito.
XX ha recensito Unauthorized Bread di Cory Doctorow
Radicalized - edizione italiana
4 stelle
Quattro racconti lunghi, quattro versioni distopiche del futuro prossimo, stile Black Mirror (che, tra parentesi, è diventato probabilmente l'opera più influente degli ultimi anni), di cui tre su quattro pienamente realistiche, ognuna delle quali ha una forte voce morale da parte dell'autore: non si limita a supporre un futuro brutto, ci dice chiaramente che ne pensa. Il primo racconto, plausibilissimo, parla di un futuro in cui tutti gli elettrodomestici sono pieni di DRM e della "ribellione" nell'hackerarli. Anche se ben scritto, Doctorow cade nel comune errore di pensare che l'hacking sia una cosa semplice che si impara leggendo due istruzioni sui forum, ed è un peccato. Il secondo, con una versione di Superman alle prese coi diritti civili e la violenza della polizia, è il meno interessante, sembra una storia scartata da Superman. Il terzo, il più americano, e che dà il titolo alla raccolta, alle prese con le assicurazioni …
Quattro racconti lunghi, quattro versioni distopiche del futuro prossimo, stile Black Mirror (che, tra parentesi, è diventato probabilmente l'opera più influente degli ultimi anni), di cui tre su quattro pienamente realistiche, ognuna delle quali ha una forte voce morale da parte dell'autore: non si limita a supporre un futuro brutto, ci dice chiaramente che ne pensa. Il primo racconto, plausibilissimo, parla di un futuro in cui tutti gli elettrodomestici sono pieni di DRM e della "ribellione" nell'hackerarli. Anche se ben scritto, Doctorow cade nel comune errore di pensare che l'hacking sia una cosa semplice che si impara leggendo due istruzioni sui forum, ed è un peccato. Il secondo, con una versione di Superman alle prese coi diritti civili e la violenza della polizia, è il meno interessante, sembra una storia scartata da Superman. Il terzo, il più americano, e che dà il titolo alla raccolta, alle prese con le assicurazioni sanitarie e il terrorismo generato contro di esse, mi è parso interessante come spunto ma non sviluppato adeguatamente. Cioè, mi è rimasta la sensazione di "e allora?" L'ultimo è il mio preferito ed è deliziosamente crudele: un ricco privilegiato cerca di scampare all'apocalisse costruendosi un fortino, pianificando tutto: difese, armi, capitali, viveri, compagnia, intrattenimento. Cosa potrebbe andare storto? Ovviamente, tutto!
La sensazione che mi è rimasta è che Doctorow possa fare di meglio, che l'approccio politico alla fantascienza che ha dato e il suo stile di scrittura sottilmente ironico funzionino bene, ma che abbia bisogno di maggior concretezza e magari anche di prendersi il tempo di sviluppare meglio le idee.
@Kenobit concordo con te sul fatto che la prospettiva culturale differente è quello che rende il libro particolarmente affascinante, ivi compresa la parte sulla Rivoluzione Culturale che ho trovato molto vivida e sentita. L'importanza critica attribuita al simbolismo è qualcosa che non sapevo e mi ha stupito. A parte questo, la parte più SF mi è piaciuta, soprattutto nelle evoluzioni delle strategie "in remoto", ma ci ho trovato delle ingenuità: personalmente ritengo che l'uso di realtà virtuale/avatar online come stratagemma narrativo andrebbe vietato per legge. :)
XX ha risposto allo stato di DottorFred
@drfrededison urca, io l'ho trovato un pacco clamoroso. Aspetto la tua opinione!
XX ha recensito Terra! di Stefano Benni
Review of 'Terra!' on 'Goodreads'
3 stelle
La rilettura di "Terra!" a distanza di oltre vent'anni non ha avuto un gran successo, ahimé. Ho trovato Benni molto poco a suo agio con la fantascienza e nel tessere una trama complessa, con molti scenari e molti personaggi. Se la cava bene, come sempre, nella piccola invenzione, nei personaggi grotteschi, nelle storie laterali, nelle funambolie linguistiche; molto meno bene nella satira dell'informatica, invecchiatissima al punto di essere risibile, e nella precisione: se fai fantascienza e spari delle cifre, ha senso che ti premuri di valutare se sono sensate. Quando leggo che il supermegacomputer ha "50 megaflops" o che il Giappone ha comprato la cifra iperbolica di "9 miliardi di metri cubi di mare" (per dire che ora ha il dominio dei mari) mi cadono le braccia.
E anche il twist finale, che da ragazzo mi era parso così pazzesco, ora mi è sembrato banale e mal strutturato.
Altra cosa …
La rilettura di "Terra!" a distanza di oltre vent'anni non ha avuto un gran successo, ahimé. Ho trovato Benni molto poco a suo agio con la fantascienza e nel tessere una trama complessa, con molti scenari e molti personaggi. Se la cava bene, come sempre, nella piccola invenzione, nei personaggi grotteschi, nelle storie laterali, nelle funambolie linguistiche; molto meno bene nella satira dell'informatica, invecchiatissima al punto di essere risibile, e nella precisione: se fai fantascienza e spari delle cifre, ha senso che ti premuri di valutare se sono sensate. Quando leggo che il supermegacomputer ha "50 megaflops" o che il Giappone ha comprato la cifra iperbolica di "9 miliardi di metri cubi di mare" (per dire che ora ha il dominio dei mari) mi cadono le braccia.
E anche il twist finale, che da ragazzo mi era parso così pazzesco, ora mi è sembrato banale e mal strutturato.
Altra cosa difficile da accettare oggi è il razzismo nei confronti di giapponesi, arabi e neri: nell'Italia degli anni '80, pre-globalizzazione, era un sentire comune ridicolizzare popoli con costumi diversi dai nostri (per quanto già allora non proprio carino, diciamo); al lettore moderno è difficile soprassedere.
XX ha recensito Una storia tra due citta di Charles Dickens
Review of 'Una storia tra due citta' on 'Goodreads'
5 stelle
Di difetti questo libro ne ha eccome: la storia ci mette tanto, troppo a decollare; ci sono moltissime descrizioni a volte pesanti, quasi tutti i personaggi sono ritratti appena schizzati (diceva bene quello che affermava che i personaggi di Dickens li immagini sempre a ripetere la stessa scena ), con l'eccezione del personaggio di Carton che è più approfondito; la trama alla fin fine è esilina. Eppure, complice l'innegabile fascino della Rivoluzione Francese, la storia funziona benissimo e quando parte si trepida come non mai per i protagonisti; è un ritratto molto vivido e ben documentato della Francia e dell'Inghilterra del 700; alla fin fine le dannate descrizioni di Dickens sono affascinanti; e soprattutto ha uno dei finali più potenti che abbia mai letto. Solo per questo e per il tormentato personaggio di Carlton, A tale of two cities merita un posto importante nella storia della letteratura..
XX ha recensito Spatriati di Mario Desiati
Review of 'Spatriati' on 'Goodreads'
2 stelle
Desiati scrive abbastanza bene. Questo è quanto di buono posso dire sul libro, ma ben poco altro. In questa storia di due ragazzi che faticano a trovare il loro posto nel mondo, quello che domina è la plastica. Tutto appare artefatto, i personaggi, le situazioni, le città, il linguaggio dei dialoghi e del narratore, persino le citazioni pop: tutto finto, tutto costruito senza il minimo briciolo di sincerità. Non so se fosse questa l'intenzione del narratore, sicuramente è quello che trasmette. Mi soffermo un attimo sui personaggi: Francesco e Claudia vengono presentati come persone "al di fuori del coro", quindi come personaggi tridimensionali, sfaccettati, inquieti e a loro modo incoerenti. Il risultato è che appare che si comportino a casaccio, senza la minima relazione tra le esperienze che hanno fatto e quello che affrontano in seguito. Pare che ci sia una checklist: vita universitaria, fatta; esperienza omosessuale, fatta; fuga a …
Desiati scrive abbastanza bene. Questo è quanto di buono posso dire sul libro, ma ben poco altro. In questa storia di due ragazzi che faticano a trovare il loro posto nel mondo, quello che domina è la plastica. Tutto appare artefatto, i personaggi, le situazioni, le città, il linguaggio dei dialoghi e del narratore, persino le citazioni pop: tutto finto, tutto costruito senza il minimo briciolo di sincerità. Non so se fosse questa l'intenzione del narratore, sicuramente è quello che trasmette. Mi soffermo un attimo sui personaggi: Francesco e Claudia vengono presentati come persone "al di fuori del coro", quindi come personaggi tridimensionali, sfaccettati, inquieti e a loro modo incoerenti. Il risultato è che appare che si comportino a casaccio, senza la minima relazione tra le esperienze che hanno fatto e quello che affrontano in seguito. Pare che ci sia una checklist: vita universitaria, fatta; esperienza omosessuale, fatta; fuga a Berlino, fatta; riconciliazione con la madre, fatta. Infine, presentare Berlino come una città esclusivamente dedita alla trasgressione mi pare la cosa più provinciale che ci sia, soprattutto se il romanzo è stato scritto a Berlino. Infinissimo, le note a fondo libro che spiegano Tetris, Elsa Morante e Giochi senza Frontiere. Vabbè.
XX ha recensito Le venti giornate di Torino di Giorgio De Maria
Review of 'Le venti giornate di Torino' on 'Goodreads'
4 stelle
Mi piacciono i libri e i film ambientati a Torino. Al di là delle questioni esoteriche, è una città con un suo carattere particolare che trovo che funzioni bene come sottofondo che in qualche modo diventa personaggio. Le "venti giornate" sono giornate in cui succedono cose strane: insonnia collettiva, omicidi strani, la nascita di una Biblioteca che sembra un Facebook ante-litteram: la voce narrante indaga dieci anni dopo, risvegliando qualcosa che era meglio che dormisse.
"Le venti giornate di Torino" è un libro piuttosto strano: vagamente classificabile come fantascienza, è molto etereo, non spiega niente, butta lì un sacco di suggestioni che non spiega, ma non se ne sente la necessità. Mi ha ricordato alcuni dei migliori Dylan Dog di Sclavi. E' inquietante, non consolatorio, e scritto anche decisamente bene.
XX ha recensito Helgoland di Carlo Rovelli
Review of 'Helgoland' on 'Goodreads'
4 stelle
Il trattatello di Rovelli sulla fisica quantistica è senza dubbio interessante e ben scritto, ma mi ha lasciato piuttosto perplesso. L'autore propone la sua interpretazione sulla fisica quantistica e le sue stranezze con un approccio basato sulle relazioni tra enti più che sugli enti stessi. Effettivamente nella maggior parte dei casi sembra funzionare abbastanza bene, ma quello che mi ha turbato è che Rovelli lo dà per certo, come soluzione ormai accettata dalla comunità scientifica, con ben poco spazio al dubbio. Ora, io, come tutti i profani, ne so molto poco sull'argomento, ma non avevo mai sentito parlare dell'interpretazione relazionale: forse è qualcosa di molto recente? O, impossibile non pensarlo, la sicumera dell'autore è eccessiva?
A parte questo dubbio metodologico, l'autore spiega molto bene quando si parla di fisica, e le sue divagazioni storiche e sulle personalità di quel periodo chiave della scienza sono molto piacevoli. A mio parere se …
Il trattatello di Rovelli sulla fisica quantistica è senza dubbio interessante e ben scritto, ma mi ha lasciato piuttosto perplesso. L'autore propone la sua interpretazione sulla fisica quantistica e le sue stranezze con un approccio basato sulle relazioni tra enti più che sugli enti stessi. Effettivamente nella maggior parte dei casi sembra funzionare abbastanza bene, ma quello che mi ha turbato è che Rovelli lo dà per certo, come soluzione ormai accettata dalla comunità scientifica, con ben poco spazio al dubbio. Ora, io, come tutti i profani, ne so molto poco sull'argomento, ma non avevo mai sentito parlare dell'interpretazione relazionale: forse è qualcosa di molto recente? O, impossibile non pensarlo, la sicumera dell'autore è eccessiva?
A parte questo dubbio metodologico, l'autore spiega molto bene quando si parla di fisica, e le sue divagazioni storiche e sulle personalità di quel periodo chiave della scienza sono molto piacevoli. A mio parere se la cava meno bene quando lascia il terreno a lui più familiare e si addentra nei meandri della filosofia. Lì sembra poco a suo agio, e le sue argomentazioni appaiono spesso posticce o per lo meno poco convincenti.
Nonostante tutto questo, è certamente un libro stimolante.
XX ha recensito Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson
Review of 'Abbiamo sempre vissuto nel castello' on 'Goodreads'
5 stelle
Chissà che genere si potrebbe attribuire questo libro: forse un blando horror? un thriller? una commedia nera? un romanzo psicologico? un trattato sulla condizione femminile? C'è questo e anche di più nelle 170 dense pagine del romanzo di Shirley Jackson: la storia di due ragazze che vivono in una casa isolata, dal punto di vista di una di esse che ha una percezione distorta e un po' magica della realtà (è qualche forma di malattia mentale) e che ha l'obiettivo di mantenere per sempre uno status quo di idillio familiare. Idillio non è, per tante ragioni, e succederanno avvenimenti anche radicali, ma il titolo suggerisce tutto. Abbiamo sempre vissuto nel castello, e ci vogliamo vivere per sempre.
Shirley Jackson si conferma un'autrice maiuscola.