Baylee ha finito di leggere Fantasmi di Lisa Morton
Fantasmi di Lisa Morton
L'atmosfera sinistra di una vecchia casa abbandonata o di un cimitero, una sensazione improvvisa di gelo, rumori inspiegabili, una figura …
Femminista in fieri, aroace, atea agnostica, lettrice curiosa, book blogger, amante dell'inverno e del tè caldo.
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70% completato! Baylee ha letto 56 di 80 libri.
L'atmosfera sinistra di una vecchia casa abbandonata o di un cimitero, una sensazione improvvisa di gelo, rumori inspiegabili, una figura …
David Baddiel sarebbe felicissimo se Dio esistesse, e ha passato un sacco di tempo a fantasticare su quanto sarebbe meglio …
L'atmosfera sinistra di una vecchia casa abbandonata o di un cimitero, una sensazione improvvisa di gelo, rumori inspiegabili, una figura …
Non so quale sia la vostra esperienza, ma per quanto mi riguarda ogni volta che parlo di droghe con i miei genitori finisco per sbattere contro un muro: non importa quanto faccia notare che avremmo bisogno di affrontare l’argomento con più razionalità e più empatia, mi ritrovo sempre davanti un rifiuto assoluto. Le droghe sono il male e non si può fare altre che vietarle e rinchiudere in carcere il più a lungo possibile chiunque le venda.
Faccio molta fatica anche solo a capirla questa totale chiusura mentale figlia dell’emergenza sanitaria degli anni Settanta e Ottanta, dovuta al consumo massiccio di eroina in Europa e al conseguente aumento di persone dipendenti e purtroppo anche di morti per overdose e per contagio da altre gravi patologie a causa della condivisione delle siringhe.
Forse pensano che la legislazione attuale sia stata efficace nello sconfiggere il problema della dipendenza da droghe, ma …
Non so quale sia la vostra esperienza, ma per quanto mi riguarda ogni volta che parlo di droghe con i miei genitori finisco per sbattere contro un muro: non importa quanto faccia notare che avremmo bisogno di affrontare l’argomento con più razionalità e più empatia, mi ritrovo sempre davanti un rifiuto assoluto. Le droghe sono il male e non si può fare altre che vietarle e rinchiudere in carcere il più a lungo possibile chiunque le venda.
Faccio molta fatica anche solo a capirla questa totale chiusura mentale figlia dell’emergenza sanitaria degli anni Settanta e Ottanta, dovuta al consumo massiccio di eroina in Europa e al conseguente aumento di persone dipendenti e purtroppo anche di morti per overdose e per contagio da altre gravi patologie a causa della condivisione delle siringhe.
Forse pensano che la legislazione attuale sia stata efficace nello sconfiggere il problema della dipendenza da droghe, ma in realtà è un problema che è semplicemente cambiato con l’evolversi della società: è solo diventato meno visibile e quindi, come da buona tradizione italiana, comodamente ignorabile. Sono felice che Il Post, abbia pubblicato una delle sue guide dedicata alle droghe, dove spiega con molta semplicità, com’è nel suo stile, come la demonizzazione delle droghe oltre a non far sparire il problema delle dipendenze, ha anche bloccato la ricerca sugli effetti benefici che alcune di queste sostanze potrebbero avere per gli esseri umani.
Mi fa piacere anche constatare che si sta aprendo una riflessione volta a superare gli approcci proibizionisti, sebbene sia ancora molto timida e di certo avversata ancora da una grossa fetta della popolazione, che, come i miei genitori, ha ancora il rigetto anche solo nel parlare di droghe e nel riconoscere che si tratta di molte sostanze diverse e con molti effetti diversi. Quindi ben vengano gli spiegoni de Il Post, che di certo non può essere accusato di essere un covo di fattonə che vuole la droga libera per sballarsi.
Visto che tra i miei acquisti c’era anche L’anarchia è una cosa semplice ed ero in argomento, ho pensato di leggere anche questo, considerato che è pure un libriccino molto breve.
È il mio secondo libro di Thomas e pure la mia seconda delusione: io e lui evidentemente non siamo in sintonia e sarebbe proprio l’ora che smettessi di comprata i suoi libri abbagliata dai suoi titoli accattivanti (giusto per ricordarmi che potrebbe essere una cattiva idea dargli una terza possibilità con Il comunismo spiegato ai bambini capitalisti).
Il fatto è che, consapevole della vastità delle cose che non so, sono felice quando qualcunǝ che quelle cose le sa si prende la briga di spiegarle anche a me, con pazienza e semplicità: viva la buona divulgazione in qualunque ambito, non ce n’è mai abbastanza. Il problema per me è che Thomas più che semplificare i concetti per renderli accessibili …
Visto che tra i miei acquisti c’era anche L’anarchia è una cosa semplice ed ero in argomento, ho pensato di leggere anche questo, considerato che è pure un libriccino molto breve.
È il mio secondo libro di Thomas e pure la mia seconda delusione: io e lui evidentemente non siamo in sintonia e sarebbe proprio l’ora che smettessi di comprata i suoi libri abbagliata dai suoi titoli accattivanti (giusto per ricordarmi che potrebbe essere una cattiva idea dargli una terza possibilità con Il comunismo spiegato ai bambini capitalisti).
Il fatto è che, consapevole della vastità delle cose che non so, sono felice quando qualcunǝ che quelle cose le sa si prende la briga di spiegarle anche a me, con pazienza e semplicità: viva la buona divulgazione in qualunque ambito, non ce n’è mai abbastanza. Il problema per me è che Thomas più che semplificare i concetti per renderli accessibili a chiunque tende più a banalizzarli e questo non è fare divulgazione, ma buttarla in caciara, ritenendo accettabile non trasmettere anche la complessità delle teorie e dei concetti. Se a tutto questo aggiungiamo anche una spolverata di sentimentalismo, potete ben capire che il mio livello di seccatura è aumentato finché non ho terminato la lettura.
E meno male che era un libro corto.
Questa lettura è stata il fallimento più proficuo che mi sia capitato ultimamente, perché è palesemente un libro intervista pensato per chi già conosce la figura e il pensiero di Colin Ward, mentre io penso di non averlo mai sentito nominare prima di incrociarlo così, totalmente per caso.
Tuttavia sono contenta di averlo letto: così ho potuto avere un assaggio del pensiero di Ward, che mi ha incuriosita abbastanza da volerne sapere di più, principalmente perché sembra rispondere alla critica, spesso rivolta alla teoria anarchica, di essere poco concreta e poco applicabile alla realtà. Ward sembra determinato a tirare fuori l’anarchia dall’utopia e non ho potuto fare a meno di segnarmi le sue opere, soprattutto Anarchia come organizzazione. Fortunatamente sono state portate in Italia da Elèuthera e sono quasi tutte disponibili.
Quindi se anche per voi è un nome nuovo, vi consiglio di tornare su questo libro dopo che …
Questa lettura è stata il fallimento più proficuo che mi sia capitato ultimamente, perché è palesemente un libro intervista pensato per chi già conosce la figura e il pensiero di Colin Ward, mentre io penso di non averlo mai sentito nominare prima di incrociarlo così, totalmente per caso.
Tuttavia sono contenta di averlo letto: così ho potuto avere un assaggio del pensiero di Ward, che mi ha incuriosita abbastanza da volerne sapere di più, principalmente perché sembra rispondere alla critica, spesso rivolta alla teoria anarchica, di essere poco concreta e poco applicabile alla realtà. Ward sembra determinato a tirare fuori l’anarchia dall’utopia e non ho potuto fare a meno di segnarmi le sue opere, soprattutto Anarchia come organizzazione. Fortunatamente sono state portate in Italia da Elèuthera e sono quasi tutte disponibili.
Quindi se anche per voi è un nome nuovo, vi consiglio di tornare su questo libro dopo che avrete conosciuto meglio il suo autore tramite le sue opere: non c’è bisogno che anche voi facciate lo sbaglio di incontrarlo in Lo sguardo anarchico quando avete la possibilità di andare direttǝ a quello che ha scritto.
Nato a Vercelli nel 1861, Luigi Galleani è considerato, insieme a Errico Malatesta, il militante più influente dell’anarchismo di lingua …
Galleani, fin dall’inizio del suo soggiorno americano, aveva prestato specifica attenzione a svelare le ipocrisie del cosiddetto Free country, un paese che si autodefinisce libero ma che nei fatti si distingue per la propria politica antioperaia e razzista. Non solo i padroni hanno l’abitudine ad affrontare le richieste dei lavoratori con violenza, per mezzo dell’utilizzo tanto della Guardia nazionale quanto delle polizie private, ma la stessa libertà di pensiero e di espressione trova ben poca concretezza sul piano pratico, come era stato messo in evidenza dal dispositivo di legge varato già nel 1903, che aveva subordinato la domanda di naturalizzazione a un giuramento in cui il candidato doveva assicurare di non essere anarchico.
— Luigi Galleani di Antonio Senta (73%)
Chi nella vita non ha mai vissuto un periodo lontano dal sesso? Si tratta di un'esperienza diffusa e molteplice, ma …
“Vi andrebbe di disegnare un manga?” Con queste parole il Dio del Manga in persona, Osamu Tezuka, apre la sua …
All’interno di un contesto, quello dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti, culturalmente ostico alle istanze di genere, le donne partecipano attivamente alla vita del movimento e nel corso degli anni anche su “Cronaca Sovversiva” compaiono numerosi articoli per dimostrare che la presunta superiorità dell’uomo non ha fondamento razionale ed è la semplice risultante di un “desiderio di dominio”. Obiettivo prioritario per la donna è quindi emanciparsi dal rapporto di dipendenza economica e morale che la tiene succube all’uomo e affrancarsi dai lavori servili, dai bassi salari e da una scarsa educazione.
— Luigi Galleani di Antonio Senta (52%)
Che succede quando si incontrano una donna alla fine della vita ma che ha goduto appieno del suo tempo e una donna bloccata in una routine che le fa vedere tutto nero? Succede che ci si ritrova a fare un viaggio nostalgico nel passato e a muovere i primi passi in un futuro che sembra la barzelletta di un pessimo comico tanto sembra improbabile.
Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop è la storia di un mondo dove volersi bene e supportarsi a vicenda al di là di ogni differenza era normale e di come la trasmissione di quel diverso modo di essere possa far del bene a chi ha smarrito la strada e non sa bene come andare avanti con la sua vita.
Evelyn ha fatto tutto quello che chi ci sarebbe aspettatə da una donna: ha rispettato il manuale alla lettera. Eppure, a quarantotto anni, non si …
Che succede quando si incontrano una donna alla fine della vita ma che ha goduto appieno del suo tempo e una donna bloccata in una routine che le fa vedere tutto nero? Succede che ci si ritrova a fare un viaggio nostalgico nel passato e a muovere i primi passi in un futuro che sembra la barzelletta di un pessimo comico tanto sembra improbabile.
Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop è la storia di un mondo dove volersi bene e supportarsi a vicenda al di là di ogni differenza era normale e di come la trasmissione di quel diverso modo di essere possa far del bene a chi ha smarrito la strada e non sa bene come andare avanti con la sua vita.
Evelyn ha fatto tutto quello che chi ci sarebbe aspettatə da una donna: ha rispettato il manuale alla lettera. Eppure, a quarantotto anni, non si sente affatto soddisfatta come pensava dopo aver seguito tutte le regole del gioco della vita. E quindi? Che si fa adesso? Come si risolve questa situazione improvvisa? Evelyn non ne ha idea, così la sua salute mentale peggiora e il pantano si fa sempre più molle e insidioso.
Finché, nella casa di riposo dove alloggia sua suocera, fa la conoscenza della signora Threadgoode, altra ospite della struttura e decisamente in vena di trovare un orecchio per le sue storie. All’inizio si tratterà di un orecchio piuttosto riluttante – e chi di noi ascolterebbe volentieri una persona sconosciuta che si mette a chiacchierare della sua vita quando speravamo di aver trovato un angolo tranquillo dove nessunə ci avrebbe disturbato? – ma con il procedere dei racconti Evelyn finisce per affezionarsi alla signore Threadgoode e noi con lei, perché le sue storie e la sua dolcezza farebbero venire voglia di passare da Whistle Stop a chiunque tanto è forte l’amore che si snoda attraverso le vicissitudini dei personaggi che ruotano intorno a questo locale.
Nonostante Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop non sia parco di tragedie ed eventi terribili, la sensazione che lascia alla fine è di un’enorme serenità e contentezza per aver letto questa storia. Questa piccola storia normale di persone che si curano l’una dell’altra.
Appartamento 401 è un romanzo particolare e capisco chi si è lamentatǝ del fatto che venga venduto come thriller: in effetti, le pagine dedicate alle aggressioni alle donne sono veramente poche sul totale e si ha la sensazione che sia solo un argomento buttato lì dai personaggi, giusto per fare conversazione; inoltre, non c’è alcuna tensione nell’attesa che lǝ colpevolǝ venga rivelatǝ, tanto che non ci ho minimamente pensato finché Yoshida non lo ha rivelato.
Il cuore di Appartamento 401 è il racconto delle vite deǝ suoǝ abitanti, quattro giovani, aǝ quali più avanti se ne aggiungerà un quinto, che per vari motivi non hanno potuto – o saputo – trovare il loro posto in questo mondo che lǝ vorrebbe fortǝ e in grado di competere per una buona posizione. In modi quasi casuali, tuttǝ hanno finito per convergere nell’appartamento 401, dove vige la cooperazione e una pacifica convivenza che …
Appartamento 401 è un romanzo particolare e capisco chi si è lamentatǝ del fatto che venga venduto come thriller: in effetti, le pagine dedicate alle aggressioni alle donne sono veramente poche sul totale e si ha la sensazione che sia solo un argomento buttato lì dai personaggi, giusto per fare conversazione; inoltre, non c’è alcuna tensione nell’attesa che lǝ colpevolǝ venga rivelatǝ, tanto che non ci ho minimamente pensato finché Yoshida non lo ha rivelato.
Il cuore di Appartamento 401 è il racconto delle vite deǝ suoǝ abitanti, quattro giovani, aǝ quali più avanti se ne aggiungerà un quinto, che per vari motivi non hanno potuto – o saputo – trovare il loro posto in questo mondo che lǝ vorrebbe fortǝ e in grado di competere per una buona posizione. In modi quasi casuali, tuttǝ hanno finito per convergere nell’appartamento 401, dove vige la cooperazione e una pacifica convivenza che non spinge a uscire per affrontare il mondo, ma offre un posto sicuro dove tornare, qualcunǝ con cui scambiare due parole senza impegno e la possibilità di avere qualcunǝ da chiamare in caso di bisogno.
Ogni capitolo ci viene narrato dal punto di vista di unǝ deǝ cinque ragazzǝ, con una caratterizzazione che mira a farci vedere quanto vari la percezione che ognunǝ ha di se stessǝ e deǝ altrǝ, in un gioco di identità che non può che farci pensare a Uno, nessuno e centomila e che ci rende tridimensionali i motivi per cui questǝ ragazzǝ non riescono a seguire il percorso previsto per entrare a far parte della società come membri effettivi. Attraverso il racconto delle loro giornate ci appare evidente come cerchino disperatamente di tenere fuori dall’appartamento 401 quel mondo che non lǝ vuole, lǝ maltratta e segue delle regole con le quali non possono stare al passo. Sanno che quell’appartamento è il loro ultimo baluardo, l’unico modo che hanno per attraversare questa vita che non sanno bene come maneggiare.
La loro determinazione è la loro disperazione sono tali che, quando il mondo cercherà di entrare nelle loro vite, minacciando di distruggere la loro piccola alleanza e il loro porto sicuro, non si faranno scrupoli nel difendere l’indifendibile. Pur odiando la minaccia alla loro precaria stabilità, infatti, accetteranno di nasconderla e proteggerla, in modo che le loro vite possano andare avanti in quel modo ancora un po’.
Appartamento 401 ci lascia con l’interrogativo su dove sia la fonte di tanto marcio: neǝ ragazzǝ dell’appartamento 401 o in un mondo che non si preoccupa di creare un ambiente nel quale chiunque possa trovare il proprio spazio e dare il proprio contributo alla comunità?
Quando Vita e destino era appena nato e il suo autore lo aveva proposto alla rivista Znamja, iniziarono subito i suoi guai. Il caporedattore Koževnikov, infatti, si premurò immediatamente di avvertire il Comitato Centrale per far esaminare quel manoscritto dai contenuti così smaccatamente pericolosi per gli anni Sessanta del XX secolo in URSS. Il Comitato bollò il romanzo come antisovietico e si presentò a casa di Grossman per sequestrare qualunque materiale riportasse tracce del manoscritto.
Grossman protestò, arrivando anche a scrivere a Chruščëv, ma l’unica risposta che ottenne fu che il suo libro avrebbe potuto danneggiare l’Unione Sovietica e che quindi non sarebbe stato pubblicato per molto, molto tempo. Comprensibilmente, Grossman non la prese bene e i suoi ultimi anni, passati sotto stretta sorveglianza da “esiliato in patria”, furono tutt’altro che sereni.
Fortuna volle che prima del sequestro Grossman fece fare delle copie che furono tenute nascoste e al …
Quando Vita e destino era appena nato e il suo autore lo aveva proposto alla rivista Znamja, iniziarono subito i suoi guai. Il caporedattore Koževnikov, infatti, si premurò immediatamente di avvertire il Comitato Centrale per far esaminare quel manoscritto dai contenuti così smaccatamente pericolosi per gli anni Sessanta del XX secolo in URSS. Il Comitato bollò il romanzo come antisovietico e si presentò a casa di Grossman per sequestrare qualunque materiale riportasse tracce del manoscritto.
Grossman protestò, arrivando anche a scrivere a Chruščëv, ma l’unica risposta che ottenne fu che il suo libro avrebbe potuto danneggiare l’Unione Sovietica e che quindi non sarebbe stato pubblicato per molto, molto tempo. Comprensibilmente, Grossman non la prese bene e i suoi ultimi anni, passati sotto stretta sorveglianza da “esiliato in patria”, furono tutt’altro che sereni.
Fortuna volle che prima del sequestro Grossman fece fare delle copie che furono tenute nascoste e al sicuro da amicǝ. Alla fine degli anni Settanta – quando Grossman era ormai morto senza conoscere il destino della sua opera – si riuscì in maniera piuttosto rocambolesca a far uscire Vita e destino dall’Unione Sovietica e, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, finalmente in Svizzera si trovò anche un editore disposto a pubblicarlo. Nel 1980 una prima edizione incompleta vede la luce e dovremo aspettare fino al 1989 per l’edizione integrale derivante da una seconda copia, meglio conservata, che era rimasta in URSS. Solo nel 2013 i manoscritti sequestrati furono restituiti alla figlia di Grossman.
Cosa contiene dunque questo romanzo di così pericoloso per l’URSS? Sicuramente il parallelismo tra nazismo e stalinismo, tra campi di sterminio e gulag, tra totalitarismo tedesco e totalitarismo russo: entrambi i sistemi fanno dello Stato una macchina del terrore volta a schiacciare non solo ogni dissenso, ma anche ogni naturale empatia per le sorti di chi subisce l’offesa del potere.
Personalmente ho amato la capacità di Grossman di raccontare la dimensione umana di ogni personaggio, anche di quelli meno scontati, che tendiamo a vedere come mostri a di là dell’umano, nonostante l’avvertimento di Hannah Arendt sulla banalità del male: Hitler e Stalin. Seguendo il filone del romanzo dell’Ottocento dove vediamo gli effetti della Storia sulle persone comuni, l’occhio di Grossman, reso acuto dalla sua esperienza di cronista di guerra e di ex simpatizzante della causa comunista, riesce a cogliere e descrivere quei dettagli di umanità che normalmente sfuggono, ma che ci hanno regalato delle meravigliose pagine di letteratura.
È uno di quei romanzi che trovo irresistibile perché capace di nutrire il mio amore per le storie che riescono a raccontare quegli inestricabili sentimenti di gioia e dolore per essere vivǝ, per essere allo stesso tempo importanti e insignificanti su questa palla a cui è capitato di ruotare alla giusta distanza dal Sole e per la tragedia di non riuscire a realizzare se stessǝ per essere natǝ nel momento e nel luogo sbagliati, una drammatica casualità che può disporre della tua vita come capita, secondo l’utilità e il capriccio di chi detiene il potere.
È un peccato che, nonostante venga riconosciuto come un capolavoro e addirittura come erede di Guerra e pace, Vita e destino non goda della stessa notorietà. Per dovere di cronaca, vi specifico che andrebbe letto dopo Stalingrado, che narra degli eventi precedenti, ma, siccome è un altro bel mattone di quasi novecento pagine e mi dicono non essere bello come Vita e destino, l’ho saltato a piè pari senza rimpianti. Magari un giorno lo recupererò: per il momento sono contenta di non aver rischiato che un romanzo non eccellente mi facesse passare la voglia di leggere Vita e destino.
In generale, Il pesce che scese dall’albero è stata una lettura molto carina, scorrevole e simpatica su quella che è stata l’esperienza di un ragazzo con DSA nella scuola italiana. È vero che nel frattempo ci sono stati diversi cambiamenti, sia da un punto legislativo, sia da un punto di vista dell’attenzione a individuare questo genere di disturbi e prendere i conseguenti provvedimenti per far vivere allə bambinə un’esperienza scolastica positiva, ma a quel che sento tanto ancora resta da fare, perché mi sembra che troppo dipenda ancora dalla singola scuola e dallə singolə insegnante.
Ora, Il pesce che scese dall’albero non racconta niente più dell’esperienza di Riva e se da una parte di queste testimonianze non se ne hanno mai abbastanza perché abbiamo ancora un’attenzione e una sensibilità da costruire, dall’altro lato non porta nessun tipo di riflessione aggiuntiva rispetto a quelle che già si trovano in altre storie …
In generale, Il pesce che scese dall’albero è stata una lettura molto carina, scorrevole e simpatica su quella che è stata l’esperienza di un ragazzo con DSA nella scuola italiana. È vero che nel frattempo ci sono stati diversi cambiamenti, sia da un punto legislativo, sia da un punto di vista dell’attenzione a individuare questo genere di disturbi e prendere i conseguenti provvedimenti per far vivere allə bambinə un’esperienza scolastica positiva, ma a quel che sento tanto ancora resta da fare, perché mi sembra che troppo dipenda ancora dalla singola scuola e dallə singolə insegnante.
Ora, Il pesce che scese dall’albero non racconta niente più dell’esperienza di Riva e se da una parte di queste testimonianze non se ne hanno mai abbastanza perché abbiamo ancora un’attenzione e una sensibilità da costruire, dall’altro lato non porta nessun tipo di riflessione aggiuntiva rispetto a quelle che già si trovano in altre storie del genere.
Riva è anche un attore teatrale (che ha anche scritto e portato a teatro un monologo teatrale proprio sull’esperienza di un bambino con DSA) e ne Il pesce che scese dall’albero si sente tanto: ho avuto l’impressione che letto ad alta voce avrebbe avuto tutto un altro effetto. Resta comunque una lettura e una testimonianza piacevole da aggiungere al proprio bagaglio.