Il classico nerd sinistronzo: leggo narrativa fantastica classica, narrativa realistica con una trama (quindi niente dick lit), saggi di scienze sociali marxisti-femministi-decoloniali-froci, testi di mitologia, filosofia pagana e magia, e roba che tiene assieme tutto ciò.
A distant world where gods walk as men, but wield vast and hidden powers. Are …
Science fantasy orientalista degli anni Sessanta. Referto A
4 stelle
[Vecchia recensione esportata da altro sito]
Iniziamo con una confessione: Lord of Light è un romanzo sì denso ma di lunghezza ottimale e di sicuro non occupa, di suo, un mese intero di lettura; mi è durato così tanto perché è il primo romanzo impegnativo cui mi sono dedicato da quando lavoro, e non avendo ancora il polso sui miei cicli di tempo libero l'ho dilazionato parecchio – cosa che sconsiglio caldamente, perché non è un testo episodico e richiede una lettura a ritmi abbastanza serrati.
Questo detto, veniamo al testo: l'ho recuperato come parte della mia monografia sulla grande fantascienza del Dopoguerra, conscio che è anche un capolavoro di science fantasy, e che dire: è capolavoro davvero. Siamo su una colonia umana su un altro pianeta in cui i capi anziani si sono deificati imitando il pantheon indù, per mantenere un comodo monopolio sulle tecnologie antiche e lasciare …
[Vecchia recensione esportata da altro sito]
Iniziamo con una confessione: Lord of Light è un romanzo sì denso ma di lunghezza ottimale e di sicuro non occupa, di suo, un mese intero di lettura; mi è durato così tanto perché è il primo romanzo impegnativo cui mi sono dedicato da quando lavoro, e non avendo ancora il polso sui miei cicli di tempo libero l'ho dilazionato parecchio – cosa che sconsiglio caldamente, perché non è un testo episodico e richiede una lettura a ritmi abbastanza serrati.
Questo detto, veniamo al testo: l'ho recuperato come parte della mia monografia sulla grande fantascienza del Dopoguerra, conscio che è anche un capolavoro di science fantasy, e che dire: è capolavoro davvero. Siamo su una colonia umana su un altro pianeta in cui i capi anziani si sono deificati imitando il pantheon indù, per mantenere un comodo monopolio sulle tecnologie antiche e lasciare le masse popolari in condizioni prendustriali... fino a che uno degli anziani non si stufa della situazione e decide di rifondare il Buddhismo come base spirituale per un progetto di "accelerazione tecnologica" – e già questa premessa trasuda genio. C'è una voce narrante affabulatrice con punte ironiche quale piace a me, ci sono dialoghi che ti risucchiano dentro come fossi il terzo in cotanto senno, le descrizioni degli ambienti si seguono con facilità (e ho verificato che sono io a non immaginare mai correttamente le scene entro le grotte...) e i tasselli di worldbuilding si compongono assieme poco a poco, così che ogni dato in partenza criptico prima o poi viene dettagliato; ottimo anche l'apparato critico con la sua utilissima precisazione "Dal capitolo 2 inizia un lungo flashback!" (dato che risparmia tanti mal di testa). In sostanza, una gioia continua.
Do "solo" 4/5, che in realtà sarebbe 4,5/5, per via di due dettagli: in primo luogo avrei preferito vedere in scena un nesso evidente fra le attività buddhiste e quelle accelerazioniste, anziché lasciare la cosa implicita come Zelazny ha scelto di fare; in secondo luogo mi rendo conto che la mia ignoranza sulla mitologia indù ha un po' inficiato le dotte e intriganti allusioni su cui si basa il romanzo, ergo urgerà documentarmi in merito e, in futuro, rileggerlo a ritmi serrati per rendergli giustizia. Magari subito prima o subito dopo aver recuperato Dune, che stando all'introduzione a Lord of Light ne è il romanzo "rivale e complementare".
Released in 1952, Judgment Night collects five Moore novellas from the pages of editor John …
Fantascienza classica, con tutti i limiti e i pregi del caso
3 stelle
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Commenti espliciti ai finali a sorpresa di due racconti su cinque
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Dopo aver letto un po' di opere individuali di Henry Kuttner e un po' di collaborazioni con sua moglie Catherine L. Moore, era giunta l'ora di leggere qualcosa della sola Catherine, e siccome sono ancora in vena di sci-fi mi sono buttato su questo Judgment Night: A Selection of Science Fiction – ovverosia una raccolta di cinque romanzi brevi/racconti lunghi scelti da Moore stessa come suoi pezzi forti.
Non male, ma mi aspettavo di meglio:
Judgment Night: è il romanzo eponimo e più "ciccio" dei cinque, e per paradosso trovo sia il testo invecchiato peggio. In scena abbiamo la classica situazione da space opera di un antico impero galattico insidiato da una feroce ribellione e qua e là ci sono delle canoniche scene di consiglio di guerra e progettazione di armamenti (con tecnofarfuglio a iosa), ma il grosso dell'azione segue la principessa dell'impero galattico e il comandante ribelle che giocano al gatto e al topo in ambienti esotici lontani dal cuore della battaglia, fra cui un satellite artificiale di delizie olografiche (sì, è realtà virtuale immaginata nel 1943!), templi nella foresta e antiche catacombe, il tutto raccontato con dovizia di monologhi interiori dal punto di vista della principessa guerriera. Indubbiamente la combinazione di eroina proattiva, tensione erotica neanche tanto latente fra eroina e antagonista, e abbondante introspezione doveva essere altamente avveniristica per l'epoca – però ho trovato le elucubrazioni della principessa un po' troppo contorte, la tensione erotica un po' troppo grezza per reggere il confronto con le mille esecuzioni moderne del tema, le descrizioni di ambienti ed azioni fin troppo minute, e in generale la trama di inseguimento reciproco fin troppo esile, quasi pretestuosa per giustificare il "giro turistico" fra i vari paesaggi surreali (obiettivamente interessanti); sicuramente queste storie di "panorami anziché azioni" avranno il loro seguito, ma con me sinceramente attaccano poco. Ciò detto, è una tragedia che Moore non sia mai tornata su quest'ambientazione per approfondire i lemuri senzienti dalla mente alveare che subentrano all'umanità dopo l'auto-genocidio della guerra galattica.
Paradise Street: è praticamente l'opposto di Judgment Night, e cioè una vicenda con personaggi semplici ma trama solidissima e, anche per questo, più nelle mie corde. Siamo in una situazione space western senza arte né parte, in cui gli insediamenti umani su altri pianeti funzionano esattamente come la colonizzazione del Selvaggio Ovest statunitense, fra emporio/drogheria, sceriffo impotente, case da gioco e posse di contadini infuriati – ma l'ambientazione ha una corposità notevole, i personaggi sono piacevoli dal protagonista trapper al contrabbandiere venusiano, gli slanci lirici di scenari agresti e meditazioni sulla vecchiaia sono dolcissimi – persino nel finale un po' melodrammatico.
"Promised Land": potrebbe essere in assoluto il mio testo preferito, perché chiama in causa ed esegue a menadito tanti temi che adoro: colonizzazione spaziale in ottica di fantascienza dura con procedure di terraformazione dei pianeti e selezione eugenetica di coloni mutanti, politicheggiamenti e astio familiare, psicologia spicciola, il tutto con un ritmo sempre sostenuto. E sì, lo ammetto, mi piace anche perché ci sono troppe somiglianze con Dune perché siano casuali.
"The Code": un piacevole pezzo quasi-horror sul tema "esperimento che inizia bene e continua peggio", molto carina l'idea di rileggere il mito del dottor Faust in ottica science fantasy, apprezzabile l'alternanza di voce narrante puramente descrittiva e dialoghi tecnofarfuglianti fra i personaggi – un poco contorto il finale, ma era fisiologico se si chiama in causa il viaggio nel tempo. Comunque c'è catarsi, e questo è l'importante.
"Heir Apparent": probabilmente il testo che mi ha convinto meno. Si svolge nella stessa ambientazione di "Promised Land", tiene in conto la trama di quest'ultimo per costruire un'ambientazione più vasta – e spreca tutto ciò in una vicenda dozzinale di spionaggio e stalli messicani fra personaggi banalissimi il cui unico tratto caratteriale è il più elementare egocentrismo. Unico lato positivo la scena madre finale, che riprende temi di transumanismo elaborati assai meglio nel romanzo The Time Axis (forse è vero che nella coppia Moore metteva il sentimentalismo e Kuttner la pianificazione).
In conclusione, con 3 testi su 5 piacevoli (anche se non memorabili) e 1 datato ma obiettivamente avanti sui suoi tempi, mi ritengo abbastanza soddisfatto dall'antologia – nonché abbastanza propenso a recuperare l'altra raccolta di racconti della buona Catherine, The Best of C.L. Moore.
Named a New York Times Notable Book of the Year and now supplemented with new …
La fantascienza dell'America migliore – l'America donna e nera
5 stelle
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Nella prefazione a Bloodchild and Other Stories Octavia Butler dichiara apertamente di essere una scrittrice da romanzo, non da racconto, e proprio per questo in vita sua ha iniziato, terminato e considerato degni di pubblicazione solo sette testi brevi – quelli che ha riunito e commentato uno a uno (santissima donna) qui in questa piccola densa raccolta. E a mio parere è proprio il caso di parlare di "pochi ma buonissimi", perché la qualità va dal buono allo straordinario.
Partiamo da un nucleo di tre racconti di purissima fantascienza sociale: l'eponimo "Bloodchild" è una storia di interazione e (possibile) incastro fra biologie e civiltà radicalmente diverse, la cui compatibilità valoriale è di per sé stessa un'incognita e una costruzione in fieri; "The Evening, the Morning, and the Night", invece, ragiona sull'eugenetica e l'abilismo e il paternalismo sanitario e la possibilità di autodeterminazione, alternando picchi …
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Nella prefazione a Bloodchild and Other Stories Octavia Butler dichiara apertamente di essere una scrittrice da romanzo, non da racconto, e proprio per questo in vita sua ha iniziato, terminato e considerato degni di pubblicazione solo sette testi brevi – quelli che ha riunito e commentato uno a uno (santissima donna) qui in questa piccola densa raccolta. E a mio parere è proprio il caso di parlare di "pochi ma buonissimi", perché la qualità va dal buono allo straordinario.
Partiamo da un nucleo di tre racconti di purissima fantascienza sociale: l'eponimo "Bloodchild" è una storia di interazione e (possibile) incastro fra biologie e civiltà radicalmente diverse, la cui compatibilità valoriale è di per sé stessa un'incognita e una costruzione in fieri; "The Evening, the Morning, and the Night", invece, ragiona sull'eugenetica e l'abilismo e il paternalismo sanitario e la possibilità di autodeterminazione, alternando picchi di crudezza e attimi di delicata speranza; "Speech and Sounds", invece, è un taglio estremamente raffinato al sottogenere dell'apocalisse subitanea e violenta (alla The Day of the Triffids per intenderci) contenete una delle scene erotiche più delicate che io abbia mai visto, una resa straordinariamente angosciante della pertita delle facoltà linguistiche – nonché, di nuovo, un afflato di rinascita fra le macerie.
Proseguiamo poi con due testi che non hanno nulla di esplicitamente fantastico, ma assolutamente spaccano come vignette di vita quotidiana dell'America nixoniana: "Next of Kin" mette in scena da prospettiva femminile e con toni biblici il più classico dei drammi familiari di elaborazione del lutto, "Crossover" incapsula in poche pagine una vicenda di alienazione lavorativa e maltrattamento sentimentale apparentemente senza uscita (pisciando in testa nel mentre a tutta la letteratura-del-cazzo inerente le crisi di mezza età di maschi borghesi bianchi), entrambe mi hanno fatto (ri)scoprire il gusto della narrativa realistica sincera e dimessa e per questo potente (e contrapposta a quella autoriferita e boriosa).
Incontriamo poi due racconti della vecchiaia di Butler (aggiunti nella seconda edizione) che in qualche modo vanno a rielaborare e sintetizzare entrambi i filoni precedenti: "Amensty" è una vicenda di primo contatto umani-extraterrestri, di integrazione forzata e forzosa e di incomunicabilità reciproca, "The Book of Martha" è realismo magico cristiano all'ennesima potenza, con un dialogo fra il Dio cristiano e una donna qualunque dell'America afrodiscendente a scopo di palingenesi (tema che adoro).
Chiudono la raccolta un breve ritratto autobiografico di Butler, imperniato sul suo sforzo indefesso per diventare scrittrice, e la sua piccola guida su come imparare a scrivere narrativa, che nel loro insieme restituiscono l'immagine di un'autentica eroina culturale che si è battuta a vita contro il patriarcato razzista – coerentemente con le sue storie, in cui le eroine sono donne, le culture afrodiscendenti, la prospettiva amorevole e cinica assieme, la lingua controllata e sobria.
Direi che in futuro non potrò non leggere almeno la dilogia delle Parabole, ma ancora più importante sarà ascoltare voci di minoranza nella mia lingua e nel mio paese, ed elevarle perché divengano maggioranza.
Nota: a quanto parte dopo la scomparsa di Butler sono emersi due suoi racconti giovanili inediti, distribuiti per un periodo nel volume Unexpected Stories, ma a quanto pare il libro è uscito di stampa e questo mi fa molto incazzare... [NdR, successivamente l'ho recuperato!]