alephoto85 ha iniziato a leggere Server ribelli di Giuliana Sorci

Server ribelli di Giuliana Sorci
Il saggio ricostruisce la genealogia dell’attivismo digitale in Italia per analizzare le trasformazioni che hanno interessato il cyberspazio e la …
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Il saggio ricostruisce la genealogia dell’attivismo digitale in Italia per analizzare le trasformazioni che hanno interessato il cyberspazio e la …
A me piace molto. Vede il mondo da un prospettiva particolare. Sento che in qualche modo, anche se magari arrivo alle sue stesse conclusioni da una strada e da esperienze diverse, il leggerlo mi arricchisce ugualmente. Non saprei come spiegare questa sensazione in altro modo.
Se avete letto altri suoi libri, "Il silenzio" in particolare, avrete una sensazione di deja-vu su alcuni aneddoti ma, ne vale comunque la pena.
Sono anche sicuro che qualcunə lo troverà banale come autorə ma, almeno i suoi libri sono decisamente poco voluminosi; al massimo avrete buttato via un paio d'ore... 😅

Dall'autore di Il silenzio e di Camminare, due best seller internazionali, un prezioso viatico per ritrovare la meraviglia, lo stupore …

Dall'autore di Il silenzio e di Camminare, due best seller internazionali, un prezioso viatico per ritrovare la meraviglia, lo stupore …

Dall'autore di Il silenzio e di Camminare, due best seller internazionali, un prezioso viatico per ritrovare la meraviglia, lo stupore …

Miei cari ragazzi,
ho scritto questo libro proprio per voi... e anche un po’ per gli altri.
La Matematica piace …

Miei cari ragazzi,
ho scritto questo libro proprio per voi... e anche un po’ per gli altri.
La Matematica piace …

Dall'autore di Il silenzio e di Camminare, due best seller internazionali, un prezioso viatico per ritrovare la meraviglia, lo stupore …

«Ero diventato una di quelle persone che mettono al centro della propria esistenza professione, riconoscimento e guadagno. Non volevo quello …

«Ero diventato una di quelle persone che mettono al centro della propria esistenza professione, riconoscimento e guadagno. Non volevo quello …
Come una ragazzina in attesa febbrile della sua prima gita scolastica, Johanna cominciò a raccontare del grande sogno della sua vita: poter cavalcare prima o poi su quell'isola vulcanica dell'estremo Nord, in groppa a un cavallo islandese, dieci giorni, con la pioggia e con il sole, dormendo nei rifugi, portando con sé soltanto una guida, due amiche e quell'immensità quasi infinita. E di come negli ultimi cinque anni avesse risparmiato in vista di quell'avventura, e messo ogni singolo euro in un conto in banca riservato, e avesse rinunciato a tutto ciò che nella sua ottica era una spesa priva di senso. "A cosa mi serve un quarto paio di jeans se fra pochi giorni potrò immergermi in una sorgente calda?" disse Johanna. "In piú ancora una volta ho imparato quanto preziosi siano i desideri che non possiamo soddisfare immediatamente, quando bisogna tornare a esercitare la pazienza, la frugalità e la privazione come un muscolo trascurato per lungo tempo. E proprio in un mondo in cui tutto appare disponibile, sempre e subito."
— Ancora venticinque estati di Stephan Schäfer (Pagina 37)
I due si avviarono mano nella mano verso la casa, lenti e sereni, poi a un certo punto si fermarono, e da lontano potei vedere Karl che sfilava dalla tasca dei pantaloni qualcosa di nero, e lo dava a Oda. Lei lo ringraziò con un bacio sulla guancia e saltellò via felice. Sceso dal trattore, la curiosità di sapere che cosa significasse quella misteriosa consegna mi stuzzicò.
"Che cosa le hai dato?" chiesi a Karl. "Liquirizia, mi rispose. Vedo molti adulti girare costantemente intorno ai propri figli per mantenere il controllo, e intervenire subito se da qualche parte sembra annidarsi un pericolo, anche minimo. Cura e attenzione, d'accordo, ma alla sorveglianza come metodo educativo non ho mai creduto. Per questo ho introdotto il gran Premio Sgranocchio: assegno ai bambini dei compiti che devono svolgere da soli. In autonomia, con il mio totale incoraggiamento e la mia fiducia. Li tengo d'occhio, ma li lascio fare [...]"
— Ancora venticinque estati di Stephan Schäfer (Pagina 33 - 34)
«Sai che di recente ho letto sul giornale una cosa che mi ha affascinato? » disse Karl, e senza aspettare la mia risposta proseguí. Mi riferì di uno studio in cui a soggetti presi in esame era stato chiesto di chiudere gli occhi e pensare a una persona che apprezzavano, ma che non vedevano da parecchio. Poi dovevano domandarsi quanto tempo in un anno trascorressero con quella persona. Se per quarant'anni ci si incontra una volta alla settimana per un'ora a bere un caffè, alla fine sono ottantasette giorni passati insieme. Se ci si incontra solo una volta al mese si totalizzano venti giorni, una volta all'anno sono due giorni. I ricercatori avevano raffrontato queste evidenze con un altro numero: il tedesco medio trascorre circa dieci ore al giorno davanti al computer, allo smartphone o alla televisione. In quarant'anni la somma arriva a diciotto anni.
«Quindi nettamente più tempo di quello che si trascorre di regola con una persona a cui siamo affezionati» disse Karl, e senza aggiungere commenti lasciò che le conclusioni di quello studio si appropriassero dello spazio intorno a noi
— Ancora venticinque estati di Stephan Schäfer (Pagina 27)
Non conoscevo questo autore e il libro l'ho preso quasi a scatola chiusa, perchè ogni tanto la "quarta" svela troppo per i miei gusti. Ho solo aperto la sezione "Narrativa tedesca" sul sito dell'editore e mi sono lasciato guidare dalla Fortuna (come consigliato da Angelo Luigi Fiorita 😂).
Se solo credessi nel destino...
Qualcosa c'era sempre, Affannarsi, eseguire piuttosto che vivere. Riuscii a vagare per mezz'ora senza ricordare se mi fosse venuto incontro qualcuno o dove di preciso avessi svoltato. Tuttavia avevo una certezza, me la sentivo addosso, mi accerchiava, mi sfibrava: a un certo punto della mia vita avevo imboccato il ramo sbagliato del bivio, perso la bussola interiore. Fino a qualche anno prima mi sentivo ancora sereno e libero, amavo le cose che facevo, sia nel privato sia nel lavoro. Ma con il passare del tempo avevo barattato un'addizione di doveri per una sottrazione di libertà. Non era stato un atto consapevole, si era trattato piuttosto di un'infiltrazione strisciante, subdola. Ero diventato uno di quegli ottimizzatori che mettono al centro della propria esistenza professione, riconoscimento e guadagno. Severi con sé stessi, quasi mai soddisfatti, risoluti anziché rilassati. Incalzati dalle scadenze, dalle aspettative proprie e altrui. Non volevo quello che avevo, volevo quello che non avevo. Quindi il mattino in questione non aveva l'oro in bocca, e io non ero l'allodola che si prende allegramente il verme, ero piuttosto il passero esausto imprigionato nella sua gabbia e intento a rimuginare. Lo sentivo: questo non andava bene e non mi faceva stare bene. Come sentivo di non essere affatto la persona che ero in realtà. Né tanto meno quella che avrei voluto essere.
— Ancora venticinque estati di Stephan Schäfer (Pagina 5)
Iniziamo benissimo direi 😍