Bullshit Jobs: A Theory is a 2018 book by anthropologist David Graeber that argues the existence and societal harm of meaningless jobs. He contends that over half of societal work is pointless, which becomes psychologically destructive when paired with a work ethic that associates work with self-worth. Graeber describes five types of bullshit jobs, in which workers pretend their role isn't as pointless or harmful as they know it to be: flunkies, goons, duct tapers, box tickers, and taskmasters. He argues that the association of labor with virtuous suffering is recent in human history, and proposes universal basic income as a potential solution.
Detto che la valutazione a stelle richiede un enorme sforzo per me, perchè non riesco a immaginare un sistema minimamente coerente per assegnarle, vi spiego la valutazione di 4 stelle e mezza. Il libro sul tema ha soddisfatto tutte le mie aspettative, non ho trovato dei difetti che mi hanno impedito di promuoverlo a pieni voti, è solo che in qualche maniera devo avere modo di segnalare i capolavori che tolgono il respiro.
Ammettere l'esistenza di lavori del cavolo è un taboo
5 stelle
Saggio dell'antropologo anarchico David Graeber. Il libro affronta a mo' di testo argomentativo come più della metà dei lavori della nostra società siano senza senza senso e/o frustranti. Per farlo l'autore riporta testimonianze e dati raccolti da un campione di persone che hanno risposto al suo sondaggio. Consigliatissimo, soprattutto per le prospettive nuove e stimolanti.
Halfway between the humoristic and scientific publication, what started as a provocation ends up in building a theory that is in fact a (often humoristic, sometimes depressing) criticism to capitalistic system and the work culture that is embedded on it. A must-read.
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Se chiedete un po’ un giro, sarà difficile che non vi imbattiate nella constatazione che nel corso degli anni ci si è ritrovatз a passare sempre più tempo nello svolgimento di pratiche o mansioni dal significato oscuro, quando non evidentemente inutili.
Anche nella ricerca di un lavoro ci si imbatte in posizioni che magari hanno un nome altisonante in inglese, ma che non è chiaro in cosa consistano: magari alla prova dei fatti si rivelano essere dei bullshit jobs (che la traduzione italiana rende non benissimo con lavori del cavolo).
Secondo Graeber, un bullshit job è un’occupazione retribuita che è così totalmente inutile, superflua o dannosa che nemmeno chi la svolge può giustificarne l’esistenza, anche se si sente obbligato a far finta che non sia così. Immagino che, anche se non svolgete in prima persona un …
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Se chiedete un po’ un giro, sarà difficile che non vi imbattiate nella constatazione che nel corso degli anni ci si è ritrovatз a passare sempre più tempo nello svolgimento di pratiche o mansioni dal significato oscuro, quando non evidentemente inutili.
Anche nella ricerca di un lavoro ci si imbatte in posizioni che magari hanno un nome altisonante in inglese, ma che non è chiaro in cosa consistano: magari alla prova dei fatti si rivelano essere dei bullshit jobs (che la traduzione italiana rende non benissimo con lavori del cavolo).
Secondo Graeber, un bullshit job è un’occupazione retribuita che è così totalmente inutile, superflua o dannosa che nemmeno chi la svolge può giustificarne l’esistenza, anche se si sente obbligato a far finta che non sia così. Immagino che, anche se non svolgete in prima persona un bullshit job, vi verrà in mente qualche situazione nella quale ci avete avuto a che fare.
L’analisi di Graeber è, come sempre, brillante: lo sguardo di un antropologo sulle cose umane è sempre molto prezioso, per la capacità della disciplina di indagare situazioni che a noi sembrano normali, ma che sono solo il frutto di una specifica organizzazione sociale; allo stesso modo si può dire che lo sguardo di un anarchico sia prezioso, per il modo rifiuta gerarchie che sembrano insormontabili.
L’unico appunto che mi sento di fare a Bullshit Jobs è che sembra un lavoro un po’ grezzo: Graeber racconta di come la sua riflessione sia partita da un articolo che ha avuto ampia risonanza e alla fine si ha l’impressione che il libro ne sia solo un’estensione piuttosto che la teorizzazione definitiva.
Per il resto, niente da eccepire: ci mancherai, Graeber.