Station Eleven is a novel by the Canadian writer Emily St. John Mandel. It takes place in the Great Lakes region before and after a fictional swine flu pandemic, known as the "Georgia Flu", has devastated the world, killing most of the population. The book was published in 2014, and won the Arthur C. Clarke Award the following year.The novel was well received by critics, with the understated nature of Mandel's writing receiving particular praise. It appeared on several best-of-year lists. As of 2020, it had sold 1.5 million copies.A ten-part television adaptation of the same name premiered on HBO Max in December 2021.
If not for food-, sleep- and toilet breaks I almost read this in one go.
Harrowing and layered story that gives a surprising entanglement of characters.
Even days after finishing I still had ah-ha moments when I suddenly understood how and why some things happened and who was connected to whom.
Wish there was a sequel where you learn more about the characters.
Some parts are eerily recognizable now we had a real pandemic.
Mind you; the book is not sci-fi! It is our world after a pandemic; no fancy, crazy tech is used or invented in the book.
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Inizio con due informazioni di servizio: con la prima vi ricordo che questo libro è disponibile anche in italiano, edito da Bompiani con il titolo Stazione Undici; con la seconda confesso di aver involontariamente un po’ barato per questa task perché solo una parte del libro è ambientata nel Midwest. Eh va be’.
Cosa scrivere di Station Eleven? È uno strano libro: tra le sue pagine non ho trovato niente di nuovo, niente che non avesse già letto in altri romanzi. Compare un nuovo virus influenzale e la malattia che si diffonde rapidamente e altrettanto rapidamente uccide, senza dare tempo al personale sanitario o a chicchessia di prendere le giuste precauzioni o organizzare un lockdown. Insomma, SARS-CoV-2 e COVID-19 scansatevi. Finisce la civiltà per come la conosciamo e seguiamo un gruppo di persone in questa nuova …
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Inizio con due informazioni di servizio: con la prima vi ricordo che questo libro è disponibile anche in italiano, edito da Bompiani con il titolo Stazione Undici; con la seconda confesso di aver involontariamente un po’ barato per questa task perché solo una parte del libro è ambientata nel Midwest. Eh va be’.
Cosa scrivere di Station Eleven? È uno strano libro: tra le sue pagine non ho trovato niente di nuovo, niente che non avesse già letto in altri romanzi. Compare un nuovo virus influenzale e la malattia che si diffonde rapidamente e altrettanto rapidamente uccide, senza dare tempo al personale sanitario o a chicchessia di prendere le giuste precauzioni o organizzare un lockdown. Insomma, SARS-CoV-2 e COVID-19 scansatevi. Finisce la civiltà per come la conosciamo e seguiamo un gruppo di persone in questa nuova realtà post-apocalittica.
Però.
Però questo romanzo mi è ronzato in testa per giorni e ci sono diversi passaggi nei quali ha toccato i miei punti deboli: è una storia sulle reazioni umane a un evento così catastrofico e poche cose mi commuovono come la messa a nudo della fragilità umana. St. John Mandel è stata molto abile nel mantenere l’equilibrio tra gli estremi che spesso caratterizzano questo tipo di storie, cioè non è mai troppo catastrofista e non è mai troppo ottimista: i suoi personaggi si muovono in un mondo abitato da persone traumatizzate e da giovani che non hanno mai conosciuto altro che quella civiltà disfatta.
Il prima diventa un ricordo, un rimpianto o un racconto meraviglioso. Un tempo c’era energia elettrica a illuminare le notti. Perché non ho imparato com’è fatto e come funzionava un computer per poterlo spiegare? Davvero si poteva volare con gli aerei? Il dopo, di conseguenza, viene plasmato dalla reazione al trauma, che varia da persona a persona, perché diverse sono le loro idee, le loro storie, i loro caratteri. Non è detto che sia una reazione positiva; a volte è solo la presa di coscienza di non poter vivere dopo il collasso della tua civiltà. Magari perché l’antidepressivo che prendevi non esiste più.
Penso che Station Eleven mi sia rimasto così tanto in testa semplicemente perché, senza sentimentalismi, racconta delle piccole grandi cose che rendono piacevole (e a volte possibile) la nostra esistenza. È vero che la nostra società ha dei problemi macroscopici – anzi, direi che alcuni sono proprio giganteschi – ma abbiamo anche inventato un sacco di cose belle. Dobbiamo “solo” diventare più bravз a difenderle e condividerle. “Solo”.
This was recommended to me and I went in knowing very little about it.
I found it to be a really gripping novel; hard to put down. I was really excited to see how the characters lives intersected and how they handled the trauma of the devastating pandemic.
The book tells the story of the characters at various stages of their lives ranging from many years before the pandemic, to around 20 years after. This gives a really interesting perspective on the characters, and keeps the pace of the book fast and interesting.
There was a lot in this I really enjoyed. Interesting characters and a fascinating set of situations, all very tightly plotted and woven together in a system that slowly became visible throughout the novel. The structure and style of it has a lot of similarities to The Passage - something the book slyly acknowledges at one point. However, I can only give this four and not five stars because the ending - or, more accurately, the climactic point of the narrative - feels too short and brief, almost perfunctory in the way it happens. When I was getting towards the end, I was thinking that I'd missed something in the blurb and this was just the first book of a pair or a series. There was enough going on and being built up I couldn't see how it could be resolved in that space - and I'm not sure it …
There was a lot in this I really enjoyed. Interesting characters and a fascinating set of situations, all very tightly plotted and woven together in a system that slowly became visible throughout the novel. The structure and style of it has a lot of similarities to The Passage - something the book slyly acknowledges at one point. However, I can only give this four and not five stars because the ending - or, more accurately, the climactic point of the narrative - feels too short and brief, almost perfunctory in the way it happens. When I was getting towards the end, I was thinking that I'd missed something in the blurb and this was just the first book of a pair or a series. There was enough going on and being built up I couldn't see how it could be resolved in that space - and I'm not sure it was, leaving me a bit empty when it finished.
A really great imagining of sweeping pandemic and complete societal collapse bogged down by too many side stories of half-formed characters and convenient contrived coincidences that detract from what could have been a fantastic piece of post-apocalyptic fiction.