cretinodicrescenzago ha recensito La canzone di Achille di Madeline Miller
Un capolavoro mancanto, non fosse stato per la bicancellazione
4 stelle
Partiamo dal brutto. Per i miei gusti La canzone di Achille presenta un difetto enorme: nel primo terzo circa del romanzo, l'amore giovanile fra Achille e Patroclo è palesemente strutturato secondo gli stilemi di un harmony su adolescenti gay a uso e consumo di donne etero, e tanti saluti alla particolare forma di bisessualità presente nella cultura greca antica ed esemplificata dai due personaggi. Il fatto che il giovane Achille sia letteralmente un ragazzo d'oro, eccezionale in tutto e tenuto in palmo di mano da tutti, è perfettamente coerente con il personaggio, ma sua madre Teti è rappresentata come una "mamma elicottero" che disprezza Patroclo con atteggiamento omofobo totalmente anacronistico ed esteso a tratti pure a Odisseo e Neottolemo Pirro (perché ovviamente il pubblico yankee ha bisogno di atteggiamenti cattivi ovvi per capire che l'antagonista è l'antagonista), e quanto al giovane Patroclo, è uno sfigato mingherlino senza spina dorsale, proattivo …
Partiamo dal brutto. Per i miei gusti La canzone di Achille presenta un difetto enorme: nel primo terzo circa del romanzo, l'amore giovanile fra Achille e Patroclo è palesemente strutturato secondo gli stilemi di un harmony su adolescenti gay a uso e consumo di donne etero, e tanti saluti alla particolare forma di bisessualità presente nella cultura greca antica ed esemplificata dai due personaggi. Il fatto che il giovane Achille sia letteralmente un ragazzo d'oro, eccezionale in tutto e tenuto in palmo di mano da tutti, è perfettamente coerente con il personaggio, ma sua madre Teti è rappresentata come una "mamma elicottero" che disprezza Patroclo con atteggiamento omofobo totalmente anacronistico ed esteso a tratti pure a Odisseo e Neottolemo Pirro (perché ovviamente il pubblico yankee ha bisogno di atteggiamenti cattivi ovvi per capire che l'antagonista è l'antagonista), e quanto al giovane Patroclo, è uno sfigato mingherlino senza spina dorsale, proattivo solo se c'è da essere devoto ad Achille e zerbino sotto ogni altro aspetto, al punto che l'età dei due personaggi viene invertita (perché il jock Achille non può mica essere più giovane del twink Patroclo, e al diavolo i miti originali...) e Patroclo si rifiuta di imparare a combattere e partecipa alla guerra di Troia in qualità di concubino di Achille (perché se no che twink puro di cuore è?). Non negherò che questa "americanizzazione" delle psicologie mi ha dato immensamente fastidio e mi ha portato molto vicino a mollare il romanzo, perché l'ho vista sinceramente come un tradimento verso tutte le persone queer (me compreso) che nell'antichità classica hanno trovato auto-rappresentazioni e modelli relazionali alternativi allo scimmiottamento di una coppia etero ed etero-normata – tanto più che le interazioni fra Patroclo, Achille e Briseide erano palesemente a tanto così dal trattare in modo sano e positivo bisessualità e dinamiche non monogame, ma ovviamente l'occasione è caduta nel vuoto.
Toltomi dalla scarpa questo macigno, perché do comunque un 4/5 pieno e strameritato? Perché la giovinezza di Achille e Patroclo, e in particolare l'educazione presso Chirone, ha comunque quella qualità di romanzo di formazione bucolico, delicato e affettuoso che tanto amo e che ho trovato anche, per esempio, in The Tombs of Atuan e Yaxin - Il fauno Gabriel, vol. 1; perché allo scoppio della Guerra di Troia la dimensione di harmony viene meno e subentra appieno la rievocazione e ri-narrazione del ciclo troiano, ed è una gioia adottare lo sguardo di un Patroclo finalmente adulto e osservare da vicino Odisseo e Diomede, Calcante e Nestore, Agamennone e Menelao, e ogni amante di mitologia greca gongolerà per la perfetta "ricomposizione" fra loro degli elementi minori del ciclo troiano, dalla morte di Protesilao al problema dell'età di Neottolemo Pirro (Miller lo fa acutamente nutrire a nettare e ambrosia così che cresca in fretta); perché Miller ha una penna superba e riesce sia a farci vomitare l'anima per il sacrificio di Ifigenia, sia a portarci nel cuore delle battaglie campali sotto la rocca di Troia, con migliaia di guerrieri che si lanciano in corsa gli uni sugli altri e il clangore delle lance contro le corazze; perché il ritmo della guerra stesso è assolutamente egregio e Patroclo conosce uno sviluppo caratteriale apprezzabilissimo (che sarebbe stato anche più bello partendo da una caratterizzazione iniziale meno banale, ma dettagli); perché tutto il climax della vicenda è straziante, dall'assedio del campo acheo condotto da Ettore sino alla morte di Achille abbattuto da Paride, e in particolare ho amato i cambiamenti di ritmo e visuale dovuti alla prospettiva di Patroclo come spettro insepolto. Uniche pecche del finale (giustamente) malinconicissimo sono il glissare sul destino di Aiace Telamone (personaggio che io amo), quando invece sono stati reincorporati egregiamente persino Troilo e Polissena, e, come accennavo prima, l'omofobia gratuita di Teti e Neottolemo Pirro, tanto più sgradevole se penso a quanto sia ridondante nella caratterizzazione dei due personaggi (Teti vuole un figlio divino e odia Patroclo perché mantiene Achille mortale, Neottolemo Pirro è tracotante e quindi non vuole onorare il compagno d'arme mortale del padre; che altro serviva di motivazione?).
Tirando le somme, La canzone di Achille è una ri-narrazione un po' troppo "addomesticata" per i miei gusti, ma ha il cuore nel posto giusto e sono solo felice che abbia fatto il botto che ha fatto: per citare i Sud Sound System, "Se nu te scierri mai de le radici ca tieni // Rispetti puru quiddre de li paisi luntani", e le radici della cultura mediterranea sono anche le alte mura di Roma, le odi di Saffo dai capelli di viola, e le ceneri di Achille e Patroclo che dormono miste sulla piana di Ilio.