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Garrard Conley: Boy Erased (Paperback, Italiano language, 2018, Edizioni Black Coffee) 1 stella

Straziante e insieme liberatorio, Boy Erased è un’ode all’amore che sopravvive nonostante tutto. Questo libro …

Boy Erased

1 stella

Penso che Boy Erased sia uno dei memoir più brutti che abbia mai letto nella mia vita. Avevo letto delle opinioni poco lusinghiere sulla scrittura di Conley, ma pensavo sinceramente che la sua storia – essere cresciuto in un ambiente fondamentalista cristiano ed essere stato sottoposto alla terapia riparativa dopo che i suoi genitori avevano scoperto la sua omosessualità – mi avrebbe fatto provare abbastanza simpatia per lui anche se non aveva scritto il memoir più bello del mondo.

E invece per niente: Boy Erased è riuscito nell’impresa di non dirmi assolutamente niente su un tema al quale sono così sensibile. È un libro che secondo me ha diversi problemi, il primo dei quali è sicuramente l’esposizione dei fatti. Ovviamente trattando di eventi realmente accaduti unə autorə non può intervenire sul modo in cui si sono svolti, ma cercherà di organizzarli in modo che lə lettorə lə segua lungo un percorso, un ragionamento, una maturazione: un filo rosso che generalmente è il motivo per cui si scrive il memoir.

Boy Erased mi è sembrato sprovvisto di questo filo rosso: Conley racconta diversi eventi della sua vita, ma sono così scollegati l’uno dall’altro che alla fine della lettura farei fatica a raccontare in maniera cronologica come si sono svolti i fatti. Non aiuta nemmeno che Conley abbia uno stile incredibilmente melodrammatico e carico: che bisogno c’è di annegare una storia che già di suo è drammatica con tutto questo patetismo e leziosità?

Ma l’elemento che forse mi ha dato più fastidio è che Boy Erased è una lunga lagna. Conley non è mai davvero critico verso niente di ciò che gli è successo: se ne lamenta e basta. Certo, non possiamo biasimarlo, ma le lagne sono lagne e da sole non fanno una critica costruttiva e non arricchiscono in alcun modo il dibattito sulla messa al bando delle terapie riparative.

Il punto è che aver avuto una certa esperienza non rende automaticamente in grado di parlare di quell’esperienza in modo intellegibile da chiunque: serve molto lavoro psicologico e forse anche filosofico e l’impressione che Conley dà di sé in questo libro è di essere rimasto bloccato da qualche parte nel suo percorso di elaborazione. Mi auguro che almeno scrivere questo libro lo abbia aiutato ad andare avanti e a ritrovare la serenità.