Baylee ha recensito Kiku-san di Pierre Loti
La moglie giapponese
3 stelle
Pierre Loti, baldo ufficiale di marina francese, decise di fare buon uso letterario di tutti i suoi viaggi e di tutti i suoi contatti con culture diverse dalla sua e scrisse decine di libri ispirati alle sue avventure per il mondo. Kiku-san. La moglie giapponese romanza di quella volta in cui la nave sulla quale viaggiava Loti fu costretta a fermarsi 36 giorni a Nagasaki per delle riparazioni.
Siamo nel 1885, ma non aspettatevi da Loti considerazioni sulla situazione politica e sociale del Giappone di fine Ottocento (periodo Meiji, secondo le ere giapponesi): Kiku-san è un romanzo in forma di diario e totalmente incentrato sulle impressioni che Loti ebbe di un Paese che dovette davvero sembrargli un altro mondo. Tanto che tra gli aggettivi più ricorrenti per descrivere la sua esperienza c’è incomprensibile.
Il romanzo prende avvio con la procedura tramite la quale Loti, com’era consuetudine per gli europei che arrivavano in Giappone, si sceglierà una moglie temporanea che gli farà compagnia durante la sua permanenza a Nagasaki. Si tratta della Kiku-san del titolo, che diventerà la moglie giapponese di Loti per venti piastre. Ovviamente date le premesse (e l’avvertimento di Francesca Scotti nella prefazione) non ci si può certo aspettare un romanzo che incontri la sensibilità di oggi, ma in compenso è facile vedere quanto il razzismo sia stupido e pure ridicolo: l’assurda fissazione di Loti per la statura delle persone giapponesi ci dà l’impressione che sia sbarcato a Moria invece che a Nagasaki. Per non parlare del sessismo, che mi ha fatto desiderare l’autostima di Loti che rimane male quando, alla fine del matrimonio, trova Kiku-san a contare le piastre e per niente affranta dalla sua prossima partenza come lui si aspettava.
Vale quindi la pena di imbarcarsi nella lettura di Kiku-san? Sì, se amate la Madame Butterfly di Puccini, che dal romanzo prende ispirazione. E sì, se vi interessa l’esperienza di un incontro con un Altro così altro da sé da risultare incomprensibile al punto da rendere possibile goderne solo con un certo distacco, per non lasciarsene contaminare.