Baylee ha recensito La linea del colore di Igiaba Scego
Review of 'La linea del colore' on 'Goodreads'
5 stelle
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Alcune ONG mi hanno chiesto di diventare testimonial di una loro campagna per convincere le persone a non partire. Noi in Somalia il viaggio, lo sai, lo chiamiamo tahrib, da altre parti lo chiamano backway, e io so più di chiunque altro quanto sia pericoloso. Dicono che la Libia sia un pozzo nero. Che da lì non riemergi più. Io non lo so dire, in Libia nemmeno ci sono arrivata. Mi hanno azzannata prima. Ma ecco, cugina, dimmi tu che senso ha andare nei villaggi a dire alla gente di non partire. Io non lo potrei mai dire a un mio coetaneo. Perché ci vogliono togliere quello che loro – i bianchi, gli occidentali, quelli con il passaporto forte – hanno? Possono girare il mondo in lungo e in largo. E vogliono che noi invece non muoviamo un passo. Hanno paura di essere contaminati dal nostro sangue nero? È quella la paura che hanno i bianchi in Occidente? Dimmelo tu, che lì ci vivi. Per questo dico no a queste ONG. Non mi sembra una buona idea dire a un ragazzo: “Ehi, sei africano, sei sfigato, quindi stattene a casa tua, che il mondo non ti vuole.” Che messaggio è?
Ho finito di leggere La linea del colore da diversi giorni e da allora sono qui che mi arrovello su cosa scrivere al riguardo. È stata una lettura importante, capitata per caso in un momento storico nel quale le persone nere hanno di nuovo fatto sentire la loro rabbia negli USA e altrove per le violenze razziste che ancora subiscono.
Dopo la lettura di Adua qualche anno fa, ho ritrovato una Scego dalla scrittura più matura e incisiva, con una prosa che scorre garbata, ma potente e capace di scuotere, perché – semplicemente – non lascia la possibilità a chi legge di voltare lo sguardo dall’altra parte.
E cosa posso dire io di tutto questo? Di tutta questa rabbia, di tutta questa stanchezza, di questa voglia di cambiamento, di questa voglia di uguaglianza? Iniziamo a guardare meglio in casa nostra, tanto per cominciare: quante persone nere non possono respirare perché lasciate annegare nel Mediterraneo? Quante persone sono cittadine italiane di fatto, ma devono dimostrare la loro italianità dopo la maggiore età? Quante persone costrette all’invisibilità ci sono sul nostro territorio, sfruttate nei luoghi di lavoro e impossibilitate a vivere una vita dignitosa?
Cerchiamo di avere a cuore queste battaglie e di dar loro visibilità: senza la nostra spinta collettiva, se noi come popolazione italiana non ne facciamo una questione prioritaria, continueranno a vincere politici capaci solo di aggravare i problemi per poi spacciarsi per i salvatori della patria con il pugno di ferro.