cretinodicrescenzago ha recensito The Empress of Dreams di Tanith Lee
Storie vecchie e nuove di fantasia eroica
5 stelle
The Emperor of Dreams fu una preziosa selezione dei racconti perturbanti di quel principe nero chiamato Clark Ashton Smith, e DMR Books ha fatto benissimo a richiamarne il titolo in questo volume dedicato a Tanith Lee, perché vari racconti qui contenuti presentano sicuramente quel gusto sanguigno e crudele tipicamente smithiano – ma anche tante, tante altre tonalità, perché in quasi quarant'anni di carriera Lee si è confermata paurosamente eclettica, tanto da saper spaziare in lungo in largo persino in quel genere apparentemente angusto che è l'heroic fantasy. Nello specifico, The Empress of Dreams si apre con due pezzi degli anni Settanta, il racconto picaresco brutale e al contempo dissacrante "Odds Against the Gods" e la storia di spettri dal sapore finto-cinese "Sleeping Tiger", testi che personalmente accosterei al Fritz Leiber dei migliori episodi della saga di Fafhrd e il Grigio Acchiappatopi, ovverosia quelli tragicomici in cui gli dèi sono ingordi, i preti pavidi, i negromanti tronfi quanto pericolosi, i furfanti delle merde umane tremendamente simpatiche. Successivamente abbiamo il dittico di racconti sui cavalieri di Krennok, il premiato "The Demoness" e il meno noto "The Sombrus Tower", che sono assolutamente eccellenti nel dare una piega orrorifica (e in certi versi femminista anti-machista) al tropo oramai desueto della cerca cavalleresca, e a mostrarci forze tenebrose che siano o paurosamente imbattibili, o tremendamente degne di empatia. Dopo una rinfrancante favola esopea di magia, "In the Balance", e un racconto di orrore erotico dalla patina celtica, "Winter White", incontriamo invece le due avventure della spadaccina Jaisel, "Northern Chess" e "Southern Lights", palesemente inserite in quel filone di fantasy femminista della seconda ondata che, se non erro, trovava espressione attorno a Marion Zimmer Bradley ed era avversato da Ursula Le Guin – ovverosia lineari storie d'azione le cui eroine femminili (tendenzialmente maschiacci) reclamano per sé l'accesso alle tradizionali fantasie maschili di violenza e avventura, ricalcando in modo un po' pedissequo e non esattamente innovativo gli antecedenti pulp di Jirel di Joiry o di Valeria della Fratellanza Rossa. A sollevare Jaisel molto al di sopra di questa base derivativa, ci sono una graziosa estetica da Europa rinascimentale, nel primo racconto un approccio inter-diegetico al tema sessismo che dà sicuramente più serietà alla trama, e nel secondo racconto una struttura di piccolo mistero che sorprende per via di ciò che non succede, più che per quello che succede – validi, il secondo più del primo, ma capisco perché Lee abbia abbandonato il personaggio. Passiamo quindi a una trafila di quattro racconti d'estetica (di nuovo) orientaleggiante, probabilmente i più smithiani della raccolta, tanto che in varia forma potrebbero tutti provenire da una sorta di aggiunta di Tanith Lee a Le mille e una notte: "Mirage and Magia" è un apologo morale di vanità e autostima dall'estetica oserei dire birmano-tibetana, "The Three Brides of Hamad-Har" è esplicitamente una storia picaresca alla maniera mille-e-una-notturna entro il filone delle disavventure di facchini e mendicanti, "The Pain of Glass" è una complessa vicenda di amor perduto narrata a ritroso e collocata nell'universo leeano della Terra Piatta (saga che a questo punto devo assolutamente recuperare...), "The Beasts" è una storia di ladri e tombe maledette che da sola vale mille volte la (brutta) raccolta italiana sull'argomento Thanatolia. Infine, il volume ci propone quattro racconti ciascuno dei quali più unico che raro: "Two Lions, a Witch, and the War-Robe" decostruisce gli stilemi high fantasy più manierati facendoli confliggere con risultati caricaturali con lo sword & sorcery leiberiano, "A Tower of Akrondurl" ci narra il proverbiale giorno speciale che si rivela ordinario nella vita di un mago (e sarà la gioia di chi ama le fettine di vita), "The Woman in Scarlet" (il racconto che dà alla raccolta la sua illustrazione di copertina zozza) elabora il simbolismo fallico di ogni fantasia eroica a base di spade e ne ricava una struggente storia d'amore fra un guerriero e la sua lama, e infine "Evillo the Uncunning" ci ripropone, circolarmente, un racconto picaresco tragicomico, ma non uno qualsiasi – un omaggio alla saga picaresca tragicomica della Terra Morente di Jack Vance, in cui l'eroe Evillo è fan sfegatato delle leggende di cui parla la saga originale vanciana (e ciò mi stimola a maggior ragione a ricominciare a leggerla).
Dopo aver letto questa raccolta, il mio amore per madama Lee è cresciuto esponenzialmente, perché ci vuole un grande estro per cogliere così bene l'essenza estetica dell'heroic fantasy, quella discrepanza un po' antico greca fra la proattività umana e il distacco ora severo ora grottesco degli dèi, e per eseguirla in così tante tinte e note diverse. Uno scrigno del tesoro da cui c'è tanto da imparare.