Baylee ha recensito Un litro di lacrime di Aya Kitō (La grande letteratura giapponese, #11)
Un litro di lacrime
3 stelle
In tutta sincerità, Un litro di lacrime non è stata una lettura di quelle indimenticabili, sebbene mi sia chiaro perché il diario di Aya, adolescente che scopre di essere affetta da una malattia genetica rara , degenerativa e incurabile, sia diventato un caso editoriale in Giappone. La sua determinazione a vivere per quanto possibile una vita normale hanno sicuramente avuto un grande appeal nella società giapponese.
Leggendolo, è subito evidente il fatto che si tratta del diario di una ragazzina e poi di una giovane donna (il diario copre dai 14/15 fino ai 20/21 anni, quando per Aya è diventato impossibile scrivere) e, sebbene non contenga chissà quali rivelazioni sul senso della vita, è difficile rimanere indifferenti davanti alla sua sofferenza e al suo desiderio di vivere, di fare esperienze, di crescere.
Mi ha fatto molta tenerezza e mi sento di consigliarne la lettura solo per la fatica che è …
In tutta sincerità, Un litro di lacrime non è stata una lettura di quelle indimenticabili, sebbene mi sia chiaro perché il diario di Aya, adolescente che scopre di essere affetta da una malattia genetica rara , degenerativa e incurabile, sia diventato un caso editoriale in Giappone. La sua determinazione a vivere per quanto possibile una vita normale hanno sicuramente avuto un grande appeal nella società giapponese.
Leggendolo, è subito evidente il fatto che si tratta del diario di una ragazzina e poi di una giovane donna (il diario copre dai 14/15 fino ai 20/21 anni, quando per Aya è diventato impossibile scrivere) e, sebbene non contenga chissà quali rivelazioni sul senso della vita, è difficile rimanere indifferenti davanti alla sua sofferenza e al suo desiderio di vivere, di fare esperienze, di crescere.
Mi ha fatto molta tenerezza e mi sento di consigliarne la lettura solo per la fatica che è costata la sua scrittura, soprattutto negli ultimi anni, quando per Aya tenere la penna in mano – e quindi comunicare con l’esterno – diventata sempre più difficile a mano a mano che le sue condizioni fisiche degeneravano. È una condizione terribile e claustrofobica quella alla quale l’atassia spinocerebellare ha costretto Aya alla fine della sua vita: le sue ultime parole, comprensibilmente, sono disperate e cariche di dolore.
Purtroppo ancora oggi l’atassia spinocerebellare non ha ancora una cura e l’aspettativa di vita varia a seconda della forma della malattia. Potreste averne sentito parlare in televisione, durante la maratona Telethon, perché è una delle malattie genetiche rare per la quale in quell’occasione si raccolgono fondi per la ricerca.