Baylee ha recensito La porta di Magda Szabó
La porta
5 stelle
Questo è uno di quei romanzi che mi mettono in difficoltà quando devo buttare giù, nero su bianco, cosa me ne è sembrato: è una storia sull’innocenza e la purezza contrapposte all’esperienza e allo sporcarsi di vita? È un romanzo sull’amicizia tra due donne? È un romanzo sulle differenze di classe e la loro inconciliabilità? È un romanzo sullo scontro tra una donna – la narratrice – che vive di lavoro intellettuale (e che è incapace in quello manuale) e una donna – Emerenc – che vive di lavoro domestico (e che disprezza quello intellettuale)?
Un po’ tutto questo e altro ancora, in realtà: Szabó è un’autrice che può permettersi di parlare di mille temi senza essere mai superficiale. Ma nessuno di questi temi è il fulcro del romanzo, il significato di quella porta che ha dato il titolo al libro. C’è, infatti, una porta chiusa in questa storia, una …
Questo è uno di quei romanzi che mi mettono in difficoltà quando devo buttare giù, nero su bianco, cosa me ne è sembrato: è una storia sull’innocenza e la purezza contrapposte all’esperienza e allo sporcarsi di vita? È un romanzo sull’amicizia tra due donne? È un romanzo sulle differenze di classe e la loro inconciliabilità? È un romanzo sullo scontro tra una donna – la narratrice – che vive di lavoro intellettuale (e che è incapace in quello manuale) e una donna – Emerenc – che vive di lavoro domestico (e che disprezza quello intellettuale)?
Un po’ tutto questo e altro ancora, in realtà: Szabó è un’autrice che può permettersi di parlare di mille temi senza essere mai superficiale. Ma nessuno di questi temi è il fulcro del romanzo, il significato di quella porta che ha dato il titolo al libro. C’è, infatti, una porta chiusa in questa storia, una porta che Emerenc difende con le unghie e con i denti e che ha dato vita a un’infinità di speculazioni da parte del suo vicinato, che vorrebbe tanto sapere cosa si nasconde là dietro.
Ma quella porta rimarrà saldamente chiusa, almeno fino a quando Emerenc non incontra la narratrice, che reputa la persona giusta alla quale affidare il suo segreto, quella vulnerabilità che ritiene inaccettabile mostrare allз altrз, da donna granitica e incrollabile quale è. Sembrerebbe una storia deliziosa dell’incontro di due persone capace di alleviare un passato doloroso, ma non è così.
La narratrice, infatti, non riesce a capire fin da subito la vulnerabilità di Emerenc: perché non basta sapere ascoltare lз altrз, bisogna anche rispettare i loro limiti e le loro convinzioni, per quanto bizzarre e ci possano sembrare. La narratrice non segue il desiderio di Emerenc, ma quello che secondo lei è la cosa giusta da fare: non sappiamo se è per evitare che le rimorda la coscienza o se è il modo in cui avrebbe voluto si intervenisse se al posto di Emerenc ci fosse stata lei. Fatto sta che la sua decisione segna il precipitare degli eventi e anche se il suo errore può essere considerato umano e suscitare la nostra comprensione, perché riconosciamo il passo falso e l’errore irrimediabile che può capitare a chiunque di noi, è stato davvero difficile non avercela con lei.
Questo perché La porta è anche un romanzo su due etiche diverse, due visioni del mondo che si incontrano e si scontrano e, sebbene nel finale non posso fare a meno di propendere per il punto di vista di Emerenc, riconosco che entrambe le donne avrebbero tratto giovamento dal non rimanere rigide nelle proprie convinzioni. E forse è proprio questo il punto: imparare a non essere lǝ tirannǝ di nessunǝ, in modo da rendere improbabile che lз tirannз finiscano in posizioni di potere e schiaccino interi gruppi di persone.