cretinodicrescenzago ha recensito Notte di nozze di Marco Spelgatti
Horror lovecraftiano revisionista femminista di un'autorialità queer italiana. IO ADORO
5 stelle
Avviso sul contenuto Commenti positivi alla scena finale in parte a sorpresa
È ormai ampiamente appurato che la poetica di H.P. Lovecraft si basasse su due assiomi: la vacuità umana di fronte a potenze cosmiche infinitamente superiori e indifferenti (bellissimo soggetto di esecuzione spesse volte opinabile) e la natura subumana di ogni creatura che non fosse un ricco maschio WASP – concetto del resto fondativo di una certa identità culturale statunitense. Era quindi fisiologico e altamente opportuno che, prima o poi, qualche autorialità estrapolasse dall'estetica lovecraftiana il "pessimismo cosmico mitopoietico" e lo portasse alle sue conclusioni naturali: che la società patriarcale umana è un microscopico aborto completamente impotente davanti alle potenze siderali e che le comunità marginali, quelle respinte dall'ordine costituito terrestre, sono inevitabilmente portate a cercare un mondo nuovo infrangendo le leggi dello spazio-tempo. Ed ecco quindi che Marco Spelgatti ci racconta la vera storia di Lavinia Wheatley, una delle due sole figure femminili del corpus lovecraftiano, liquidata dal Solitario di Providence come "il padre l'ha fatta ingravidare da un dio per partorire demoni" – peccato che "Notte di Nozze" ci riveli che in realtà la famiglia Wheatley è stata flaubertianamente devastata da un milieu sociale avverso e disfunzionale in cui non esisteva possibilità di riscatto, che Lavinia ha perseguito per tutta la vita una sua autonomia dall'asfissiante maschilismo del New England (non è affatto difficile immaginarla suffragetta) e che l'adesione agli "aberranti" culti dei Grandi Antichi sia stata parte di questa ricerca di riscatto, intrecciata in modo tossico ma fisiologico a una ricerca di radici entro la propria famiglia. Poi certamente, la trama de "L'orrore di Dunwich" ci è arcinota e Spelgatti non si spinge a riscrivere il finale, ma fa di meglio: lo risignifica ribaltando i ruoli, ed è difficile non commuoversi davanti alla ierogamia fra Lavinia e uno Yog-Sothoth che chiaramente la ama, modello Bacco e Arianna. Le ciliegine sulla torta, poi, sono la narrazione in prima persona, dalla quale scopriamo che nella finzione narrativa "Howard" ha deliberatamente distorto a proprio uso e consumo la biografia di Lavinia, in un'appropriazione culturale terribilmente in linea con il personaggio storico, e tanti gustosi riferimenti al Mito di Chtulhu che integrano appieno questa palinodia nel corpus originale – pagherei oro per degli apocrifi howardiani altrettanto degni.
Chiudo la recensione ovviamente positivissima con un commentino ardito: il testo è anche fortemente moorcockiano, e questo è bello.