cretinodicrescenzago ha recensito Tales of Three Hemispheres di Lord Dunsany
Racconti validi, ma iterativi, e a volte vacui
3 stelle
Dopo aver terminato mesi fa A Dreamer's Tales ho scoperto che uno dei racconti ivi contenuti, "Idle Days on the Yann", fu proseguito da lord Dunsany in un breve ciclo da lui intitolato Beyond the Fields We Know e raccolto in questo Tales of Three Hemispheres, così che il mio senso maniacale di completismo mi ha indotto a recuperarlo. Contenutisticamente questa raccolta è bipartita fra una prima sezione di racconti autoconclusivi e la suddetta sequenza Beyond the Fields We Know (di fatto un romanzo breve in tre episodi) e questa bipartizione si rispecchia palesemente nei temi e toni del volume: da un lato i testi autoconclusivi mi hanno rammentato molto i Fifty-One Tales, poiché sono tutti micro-racconti di poche pagine imperniati su un effetto sorpresa finale e improntati ora all'apologo ("A Pretty Quarrell") ora al fantastico assurdista in stile mitteleuropeo ("The Sack of Emeralds"), non di rado dedicati …
Dopo aver terminato mesi fa A Dreamer's Tales ho scoperto che uno dei racconti ivi contenuti, "Idle Days on the Yann", fu proseguito da lord Dunsany in un breve ciclo da lui intitolato Beyond the Fields We Know e raccolto in questo Tales of Three Hemispheres, così che il mio senso maniacale di completismo mi ha indotto a recuperarlo. Contenutisticamente questa raccolta è bipartita fra una prima sezione di racconti autoconclusivi e la suddetta sequenza Beyond the Fields We Know (di fatto un romanzo breve in tre episodi) e questa bipartizione si rispecchia palesemente nei temi e toni del volume: da un lato i testi autoconclusivi mi hanno rammentato molto i Fifty-One Tales, poiché sono tutti micro-racconti di poche pagine imperniati su un effetto sorpresa finale e improntati ora all'apologo ("A Pretty Quarrell") ora al fantastico assurdista in stile mitteleuropeo ("The Sack of Emeralds"), non di rado dedicati alla riemersione della magia atavica nella civiltà industriale contemporanea ("The Last Dream of Bwoana Kubla" ma soprattutto l'ottimo "The City of Wonders") – e dall'altro lato presentano spesso un gusto marcato e (purtroppo) stucchevole per l'orientalismo più blando, già presente nel già citato A Dreamer's Tales, a partire dal fatalismo pseudo-indù centrale in “The Prayer of Boob Aheera” fino alla pretestuosa droga cinese che fa da McGuffin nella vicenda altrimenti inglesissima di “How the Office of Postman Fell Vacant in Otford-under-the-Wold”. Analogamente, la piccola saga Beyond the Fields We Know è tutta composta da pannelli affrescati in cui il nostro protagonista sognatore ci dettaglia minutamente paesaggi incantati ove accade poco o niente (in stile A Dreamer's Tales) e il suo tono di fondo è il contrasto un po' sornione fra l'immensità degli dèi e del reame fatato e la piccola praticità umana (conformemente ad alcuni dei Fifty-One Tales), con punte particolarmente riuscite laddove Dunsany mette in scena il negozio-portale verso la terra dei sogni e la strega guardiana col suo gatto nero.
Di sicuro la raccolta si lascia leggere, specialmente in ragione di un paio di racconti al giorno prima di dormire, ma ora capisco perché viene ristampata molto meno spesso di altre produzioni precedenti: è palesemente un Dunsany iterativo su sé stesso.
N.B.: credo che i "tre emisferi" del titolo siano l'Occidente delle storie urbane, l'Oriente (prettamente Asia ma anche Africa) delle storie esotiche, e il Paese dei Sogni delle storie fiabesche.