cretinodicrescenzago ha recensito Phoenix in Obsidian di Michael Moorcock (John Daker, #2)
Un sequel migliore del primo episodio
4 stelle
Il secondo volume della saga di John Daker è andato, e l'entusiasmo si moltiplica: Phoenix in Obsidian parte da dove si era fermato The Eternal Champion, abbandona alcuni elementi del primo romanzo, ne introduce altri, e il risultato è un racconto picaresco avvincente con alti picchi di dramma. Da una parte, la nuova incarnazione di John Daker nel conte Urlik Skarsol è descritta, sensatamente, come trauma che si somma a trauma e la crisi d'identità del nostro eroe, logicamente, peggiora di capitolo in capitolo; dall'altra parte, il mondo natale di Urlik è una spettacolare Terra Morente avvolta da un'era glaciale e costellata di città-caverne e di mostri marini domestici, e ciò sia si distacca efficacemente dall'estetica del primo episodio sia costituisce, di suo, una boccata d'aria fresca; in termini di intreccio, il romanzo si prende i suoi bravi tempi per far vagabondare e acclimatare il povero John (e noi …
Il secondo volume della saga di John Daker è andato, e l'entusiasmo si moltiplica: Phoenix in Obsidian parte da dove si era fermato The Eternal Champion, abbandona alcuni elementi del primo romanzo, ne introduce altri, e il risultato è un racconto picaresco avvincente con alti picchi di dramma. Da una parte, la nuova incarnazione di John Daker nel conte Urlik Skarsol è descritta, sensatamente, come trauma che si somma a trauma e la crisi d'identità del nostro eroe, logicamente, peggiora di capitolo in capitolo; dall'altra parte, il mondo natale di Urlik è una spettacolare Terra Morente avvolta da un'era glaciale e costellata di città-caverne e di mostri marini domestici, e ciò sia si distacca efficacemente dall'estetica del primo episodio sia costituisce, di suo, una boccata d'aria fresca; in termini di intreccio, il romanzo si prende i suoi bravi tempi per far vagabondare e acclimatare il povero John (e noi con lui) nel nuovo mondo, ma la vicenda si mantiene fermamente nel campo del "racconto di viaggio" e non degenera mai in un "giro turistico di Fantasilandia", e quando scatta finalmente il conflitto centrale abbiamo delle situazioni di grande pathos; infine, tale pathos viene, ancora una volta, dalle scene mistiche in cui Moorcock mette in scena allusivamente la cosmologia del suo Multiverso, e in particolare dall'ingresso in scena della Spada Nera – e lì l'autore ci regala dei picchi di vero orrore. Certo, forse l'opera sarebbe stata davvero perfetta se gli antagonisti avessero avuto un pochino di caratterizzazione extra, ma la qualità è comunque alta.
Promosso anche questo a pieni voti, e sinceramente non capisco perché l'opinione pubblica riconosca in Elric di Melniboné il personaggio migliore di Moorcock: tutto ciò che Elric fa in forma verbosa e mal costruita, John Daker lo offre con grazia e maturità infinitamente maggiore.