Baylee ha recensito Una magia infusa di veleno di Judy I. Lin
Una magia infusa di veleno
1 stella
Era tanto tempo che non leggevo un romanzo così brutto: lo so, il mio sesto senso da lettrice si è attivato con prepotenza, ma io l’ho disattivato perché ero attratta da una storia che usava il tè come veicolo di magia. C’era pure sempre la piccola possibilità che mi sorprendesse e fosse un bel romanzo.
La speranza è naufragata abbastanza presto (questi libri hanno almeno il pregio di farsi sgamare subito), visto che, già nei primi capitoli, la nostra protagonista, una provincialotta finita nella capitale per gli Hunger Games del tè nel tentativo di salvare la sorella, si aggira per i banchi del mercato ammirando la mercanzia. Una roba logicissima da fare, ben sapendo che sua sorella ha le ore contate e lei stessa potrebbe morire malissimo a breve.
Io lo so che Lin stava cercando di descrivere il mercato dal punto di vista della provincialotta, ma questa provincialotta ha …
Era tanto tempo che non leggevo un romanzo così brutto: lo so, il mio sesto senso da lettrice si è attivato con prepotenza, ma io l’ho disattivato perché ero attratta da una storia che usava il tè come veicolo di magia. C’era pure sempre la piccola possibilità che mi sorprendesse e fosse un bel romanzo.
La speranza è naufragata abbastanza presto (questi libri hanno almeno il pregio di farsi sgamare subito), visto che, già nei primi capitoli, la nostra protagonista, una provincialotta finita nella capitale per gli Hunger Games del tè nel tentativo di salvare la sorella, si aggira per i banchi del mercato ammirando la mercanzia. Una roba logicissima da fare, ben sapendo che sua sorella ha le ore contate e lei stessa potrebbe morire malissimo a breve.
Io lo so che Lin stava cercando di descrivere il mercato dal punto di vista della provincialotta, ma questa provincialotta ha dei problemi piuttosto pressanti e sarebbe il caso di leggere di come analizzi la merce in virtù degli ingredienti dei tè che dovrà preparare e di qualunque altro elemento possa esserle necessario per vincere la sfida.
Stessa cosa potrei dire della corte, che dovrebbe essere piena di persone pericolose che fanno il doppio gioco e che tentano di fregarla, ma la nostra protagonista spiattella i fatti suoi a destra e a manca in tutta tranquillità. In questo contesto il fatto che un principe tormentato si innamori di lei senza motivo apparente diventa quasi sensato. Quasi: poi si mettono a fare i piccioncini e lì non sai più se sei nell’antica Cina o in una scuola superiore di Edmonton.
Ovviamente non mancano le caselle spuntate dall’elenco delle categorie marginalizzate, ma quello che mi ha dato più fastidio in questo romanzo è l’ignoranza delle dinamiche di potere in un contesto nel quale gente nobile avvezza a ogni privilegio trama per averne sempre di più. In questo romanzo, il potere o è nelle mani di persone virtuose che cercano di fare qualcosa di buono, o anche solo sopravvivere; oppure è nelle mani di persone corrotte, malvagie e dal veleno facile.
Il che rende anche molto piatta la parte degli intrighi di corte: avere una protagonista di grandi valori e sveglia come una ciabatta non aiuta a godersi una corte piena di fazioni contrapposte, dove Ning procede solo a forza di spudorate botte di culo e non perché è stata abile a destreggiarsi nell’ambiente di corte. È un po’ un mistero come riesca a sopravvivere per oltre trecento pagine e riuscire ad andare avanti addirittura in un secondo volume.