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V13 (Paperback, Italiano language, 2023, Adelphi) 4 stelle

Scandito in tre parti – «Le vittime», «Gli imputati», «La corte» –, V13 raccoglie, rie­laborati …

Premessa e mea culpa: ho evitato Carrère per anni perché, per quanto lo stimi come giornalista, lo temevo come scrittore. La fama dei suoi libri è nota e affrontare certi temi mi è difficile. Il tema del terrorismo però mi affascina (so che capite cosa intendo, quindi non mi dilungo in spiegazioni, sperando non mi arrivino le teste di cuoio in casa), per cui V13 è sembrato un punto d'incontro ideale tra me e Emmanuel. Ed è così che mi ha fregata. Ora, io vorrei davvero parlarvi in modo canonico di questo libro che raccoglie le colonne pubblicate dall'Observateur durante il processo agli autori degli attentati di Parigi del 2015. Ma non posso, perché cercavo risposte e ho solo domande. Perché questi attentati? Boh, chi lo sa. Abbiamo meno risposte ora che prima del processo. La parte dedicata alle vittime è breve: è terribile da dire, ma le vittime (i sopravvissuti) raccontano tutti la stessa cosa: il terrore. Ovviamente a Carrère interessano gli imputati. Onestamente, anche a me. E quindi proviamo a far nostro il paradigma di Spinoza e proviamo a non giudicare, proviamo ad osservare e capire. In quasi trecento pagine osserviamo molto ma capiamo molto poco. Non perché Carrère non sia una volpe nel cogliere le sfumature degli esseri umani, ma perché questi esseri umani che hanno ucciso e fatto cose orribili di sfumature non ne hanno poi molte. O non tante quante ce ne aspettiamo. E non lo dico giudicando, lo dico secondo il presupposto che anche loro sono persone ordinarie, né più né meno. Persone che a un certo punto hanno fatto scelte, per ragioni che non conosciamo. Mentre leggo mi torna in mente Hannah Arendt e la sua banalità del male. V13 racconta qualcosa di simile. In fondo la base è sempre quella. Carrère però lo sa raccontare. Da 139 sedute in tribunale estrapola dei "flash" di vissuto, frasi, piccoli racconti, senza continuità narrativa. Direi piuttosto con spinta emotiva. Il fil rouge è Nadia, la mamma di Lamia, uccisa negli attentati, con cui Carrère ha fatto amicizia. È lei che ti toglie il respiro in tutti questi frammenti perché è a lei che pensi: una mamma che chiede direttamente ai terroristi "perché". E loro non hanno risposte. Forse il senso del libro è questo. Puoi fare un maxi processo, puoi dare pene esemplari. Puoi rendere mediatica una tragedia. Puoi anche scriverci un libro ma comunque non avrai le risposte che cerchi. Ora, io mi scuso per il lunghissimo post ma vorrei davvero confrontarmi con voi, se qualcuno l'ha letto.