cretinodicrescenzago ha recensito Shadowfire di Tanith Lee (Birthgrave, #2)
Barbari complessati e dove trovarli
4 stelle
Ambientato 20 anni dopo il primo volume della saga, Shadowfire è una grossa decostruzione di tropi del fantasy impostata come romanzo di formazione. La prima parte del libro ci mette nei panni di Tuvek figlio di Ettook, principe di un popolo di barbari che, nell'high fantasy, sarebbero servi del Signore Oscuro (se non direttamente orchi) e in uno sword & sorcery dei Nobili Selvaggi (perché la civiltà è per le checche): amorali, aggressivi, schiavisti, stupratori. Dopo mezzo romanzo a seguire le "imprese" di Tuvek (e non è una lettura per stomaci delicati), il nostro anti-eroe rimane bloccato fra i popoli civili e lì scopre i suoi veri natali: è in realtà figlio di uno spregevole re-stregone decaduto e di una presunta dea reincarnata, già visti in The Birthgrave. Il "povero" Tuvek cerca di dare un senso a questa rivelazione, ma, privo di una spada nella roccia da reclamare e …
Ambientato 20 anni dopo il primo volume della saga, Shadowfire è una grossa decostruzione di tropi del fantasy impostata come romanzo di formazione. La prima parte del libro ci mette nei panni di Tuvek figlio di Ettook, principe di un popolo di barbari che, nell'high fantasy, sarebbero servi del Signore Oscuro (se non direttamente orchi) e in uno sword & sorcery dei Nobili Selvaggi (perché la civiltà è per le checche): amorali, aggressivi, schiavisti, stupratori. Dopo mezzo romanzo a seguire le "imprese" di Tuvek (e non è una lettura per stomaci delicati), il nostro anti-eroe rimane bloccato fra i popoli civili e lì scopre i suoi veri natali: è in realtà figlio di uno spregevole re-stregone decaduto e di una presunta dea reincarnata, già visti in The Birthgrave. Il "povero" Tuvek cerca di dare un senso a questa rivelazione, ma, privo di una spada nella roccia da reclamare e di un Merlino che lo consigli, il nostro principe-prescelto mancato riesce a concepire un solo percorso: dare la caccia alla propria madre e ucciderla per averlo abbandonato. A fronte di un colpo di scena così telefonato che lo si rivela direttamente in quarta di copertina, il romanzo è molto più rifinito del precedente: la trama è meglio ritmata, la prosa più leggibile, la mole meno ciclopica, l'esperienza complessiva più bilanciata e appagante (al netto delle numerose scene cruente: ripeto, non è lettura per stomaci delicati). Il vero limite è che tutto il libro, di fatto, è solo il prologo della cerca di Tuvek, che sarà oggetto del volume terzo: Hunting the White Witch.