68, pagine
lingua Italian
Pubblicato il 24 Luglio 1965 da Accademia nazionale dei Lincei.
Roma, 13 dicembre 1965 Problemi attuali di scienza e di cultura -- quaderno n. 90
68, pagine
lingua Italian
Pubblicato il 24 Luglio 1965 da Accademia nazionale dei Lincei.
Giovangualberto Ceri
Via F. Turati, 30 – 50136 FIRENZE – Italia e-mail: giovangualberto@tiscali.it tel. 055-560.40.82 cell. 333.396.1191
PUBBLICAZIONE in data 15 settembre 2009 sul BLOG di NUOVA AGENZIA RADICALE: Voci oltre il Tevere. Monsignor Enrico Bartoletti “beato”? a cura di MAURIZIO DI GIACOMO. Questa pubblicazione potrà essere scaricata anche da “GOOGLE”.
THE NOBEL FOUNDATION, LITERATURE, E MONS. BARTOLETTI.
SECONDA PARTE
di DANTE NATO IL 2 GIUGNO 1265 E LA PROFEZIA DI MONS. ENRICO BARTOLETTI. Poco mi importerebbe che monsignor Enrico Bartoletti mi avesse profetizzato le scoperte su Dante che ho fatto, e su quale fosse l’autentica mentalità medievale, di cui ho già riferito nella PRIMA PARTE di questo mio intervento, se io queste stesse scoperte le avessi veramente fatte. Considerata la loro speciale importanza, a mio giudizio mi spetterebbe comunque che oggi qualcuno mi proponesse per il PREMIO NOBEL. Troppo? Oggettivamente sarebbe intanto più difficile che esistesse fra noi un …
Giovangualberto Ceri
Via F. Turati, 30 – 50136 FIRENZE – Italia e-mail: giovangualberto@tiscali.it tel. 055-560.40.82 cell. 333.396.1191
PUBBLICAZIONE in data 15 settembre 2009 sul BLOG di NUOVA AGENZIA RADICALE: Voci oltre il Tevere. Monsignor Enrico Bartoletti “beato”? a cura di MAURIZIO DI GIACOMO. Questa pubblicazione potrà essere scaricata anche da “GOOGLE”.
THE NOBEL FOUNDATION, LITERATURE, E MONS. BARTOLETTI.
SECONDA PARTE
di DANTE NATO IL 2 GIUGNO 1265 E LA PROFEZIA DI MONS. ENRICO BARTOLETTI.
Poco mi importerebbe che monsignor Enrico Bartoletti mi avesse profetizzato le scoperte su Dante che ho fatto, e su quale fosse l’autentica mentalità medievale, di cui ho già riferito nella PRIMA PARTE di questo mio intervento, se io queste stesse scoperte le avessi veramente fatte. Considerata la loro speciale importanza, a mio giudizio mi spetterebbe comunque che oggi qualcuno mi proponesse per il PREMIO NOBEL. Troppo?
Oggettivamente sarebbe intanto più difficile che esistesse fra noi un Profeta, che qualcuno avesse fatto delle scoperte all’altezza di essere inviate al THE NOBEL FOUNDATION, LITERATURE, STOCKHOLM. Tutti gli anni ne vengono infatti inviate diverse. Comunque per me, le mie, sarebbero a questa altezza, e dunque non rimarrebbe altro, a questo punto, che vedere se fra noi fosse esistito, per l’appunto, anche qualcosa di ancor più raro, un Profeta, e che esso si fosse occupato di me. In tal caso verrebbero confermati entrambi, lo scopritore e il suo profeta. Ed è quello a cui aspiro. Verrebbe cioè confermato tutto il mio impianto spiritual-letterario, dove la componente letteraria l’avrei messa io, mentre quella spiritual-profetica lui.
Avendo avuto il mio impegno la peculiarità di essere stato profetizzato, potrebbe conseguentemente contare un punto in più al fine di essere spedito a Stoccolma?
Il mio modo di presentarmi avrebbe voluto essere paradossale, anche se invece verrà facilmente percepito come delirante. Però il mio amico monsignor Bartoletti, stimando l’amico suo futurista Giovanni Papini fondatore de “LACERBA” che si rifaceva a Cecco d’Ascoli, certamente non mi frenò nell’andare in questa direzione.
Come mi sono ripromesso di fare nella PRIMA PARTE del Blog, a titolo di esempio del valore delle mie ricerche porterò la scoperta del giorno di nascita di Dante personaggio di cui Dante persona riferisce nella Commedia: nel canto XXII, vv. 110-117, del Paradiso. In base a queste terzine il Poeta risulta essere nato il Martedì 2 Giugno 1265, oggi festa di nascita anche della Repubblica Italiana. Il Poeta della Patria, Dante, sarebbe perciò nato, seguendo me, nello stesso giorno in cui che è nata la nostra patria repubblicana, la Repubblica Italiana. Potrebbe il fenomeno interessare il nostro gentilissimo Presidente della Repubblica Italiana On.le Giorgio Napolitano? Affronterò questa possibilità successivamente. L’evento potrebbe comunque felicemente e legittimamente coronare il prossimo futuro festeggiamento dei centocinquant’anni della nostra indipendenza: tanto i nostri patrioti del XIX secolo si rifecero a Dante per ottenerla.
Una prova che monsignor Bartoletti mi profetizzò su Dante, oltre alla mia parola?
Intanto bisognerà vedere se, di profezie, ne fece in giro anche altre, ad altri. Se ne fece, non si vede perché una non l’avrebbe potuta fare anche a me, suo grande amico, forse, scherzando, suo segretario in pectore quando fossi risultato all’altezza, nonché destinatario di diverse sue lettere autografe.
Ciò premesso ricordo volentieri che monsignor Bartoletti, al fine che io tenessi sempre presente che lui mi aveva profetizzato, fra le altre scoperte, proprio quella del giorno di nascita di Dante personaggio, e volendo forse anche lui celebrarla anticipatamente con me, pensò un giorno di regalarmi, con dedica datata 3 giugno 1956, di Alfonso Gratry La sete e la sorgente. Mi disse assai emozionato, come se il fenomeno l’avesse sognato la notte precedente, di fronte a me stupito per la sua incomprensibile emozione, che del giorno 3 giugno non era sicuro. Ma io non ci credo. Lui scrisse 3 giugno poiché non voleva che i dantisti pensassero poi che la scoperta del 2 giugno me l’aveva suggerita lui. Se avesse scritto 2 giugno, invece che 3 giugno, non avrei infatti potuto oggi dire che era stata tutta farina del mio sacco. Se poi procediamo nei calcoli, iniziando liturgicamente il 3 giugno al tramonto del Sole del 2 giugno, e tramontando il Sole a Firenze il 2 giugno intorno alle ore venti, se consideriamo altresì che in base ai miei ragionamenti e controlli basati sul dialogo fra Dante e Brunetto Latini (Inf., XV, 49-60), Dante risulta essere nato alle 15h.39’ del 2/6/1265, l’eventuale errore di monsignor Bartoletti, rispetto a potermi indicare il 2 giugno, sarebbe stato liturgicamente di sole quattro ore e mezza circa. Siccome specificò meglio questa previsione nel 1956, e intercorrendo fra il 1956 e l’anno 1993, anno in cui io dichiarai pubblicamente di avere fatto questa scoperta (cfr. La Nazione della domenica 11 aprile 1993 in prima pagina; il Corriere della Sera del 13/4/1993; La Repubblica del 17/4/1993), trentasette anni, possiamo concludere che, come Profeta, monsignor Bartoletti fosse assai preciso anche rispetto ai contenuti delle sue profezie.
Orbene questa scoperta del 2 giugno, analogamente a tutte le altre, sarebbe in grado di far cambiare in meglio l’attuale approccio esegetico-letterario, cioè quello che studia la nostra cultura classica e medievale fino a Dante, permettendo di poter integrare la tradizionale analisi storica e la comune filologia, con il padroneggiamento delle scienze di allora. Sarà vero?
Per monsignor Bartoletti il mio impegno di lavoro sarebbe stato eccezionale e meraviglioso anche per la Chiesa poiché avrebbe in fine rilanciato oggi la Liturgia cristiana, o la sacra Teologia liturgica, come la chiama Dante o l’avrebbe potuta chiamare, dopo aver posto tale scienza medievale nel decimo e più alto dei cieli, l’Empireo “che pien(o) è di tutta pace” (Convivio, II, XIV, 19). Tuttavia se monsignor Bartoletti non fosse stato, poniamo, un vero profeta, sia pur volendo profetizzare, in tal caso avrebbe potuto anche sbagliarsi. Per me, non essendosi sbagliato, poiché io tali scoperte le ho effettivamente fatte, lui risulta dunque un Profeta. Però chi sa se nell’aldilà possiamo gioire della dignità e stima che ci siamo guadagnati in questo feroce aldiqua. I classici pagani e la tradizione cristiana direbbero di sì. Chi mi desse ragione su monsignor Bartoletti Profeta lo potrebbe dunque fare nel mondo dilà ancor più felice, per non dire che potrebbe riceverne grazie maggiori.
Le mie scoperte possono fare aprire davanti agli occhi un nuovo e più autentico modo di vivere culturalmente questo mondo moderno, poiché noi viviamo, lo sappiamo, anche ripensando al passato per rielaborarlo, specialmente se di esso riusciamo ad afferrarne l’autenticità. Esse riguarderebbero il passato, ma ci farebbero vivere nel presente più profondamente. Questo perché il nostro futuro artistico-letterario, presentandosi spesso anche quale rivisitazione e approfondimento di ciò che è stato pensato, quando quest’ultimo non lo padroneggiassimo sufficientemente, potremmo andare incontro al nostro stesso futuro muoverci con lentezza e rischiando di ripetere i sacrifici e le sofferenze degli avi. I miei lavori, potendo contribuire ad evitare l’increscioso episodio poiché del passato pretendono di avere una percezione migliore, almeno per il caso di cui si occupano troverebbero un motivo in più per venire letti e apprezzati: per non fare ripetere le vecchie esperienze.
In sintesi le mie scoperte su Dante e sul medioevo, risultando soprattutto astrologico-esoterico-liturgiche, in concreto eviterebbero di far compiere all’Umanità futura il doloroso sforzo di arrivare a capire, ex-novo, l’importanza dell’astrologia, dell’esoterismo e della liturgia cristiana, a condizione, ovviamente, che tali materie possano avere anche nel cammino da venire della stessa Umanità un ruolo culturalmente decisivo e necessario. Ma chi potrebbe oggi escluderlo a priori, se esse stesse l’hanno già avuto con solennità nel passato, e soprattutto in Dante e la sua epoca? Gli antichi si sarebbero così fortemente illusi? Cautelativamente, o prudentemente, dovremmo perciò dargli un po’ di credito e, per questo, si continui a leggermi.
Io non sono un romanziere, né un poeta moderno, però la chiave scientifica di lettura che offro agli esegeti e ai comuni lettori per affrontare Dante, quando poi con essa andranno a rivisitarlo, permetterà loro di fare un’esperienza non inferiore, per intensità, a quella della lettura di un’ottima opera letteraria moderna, e quindi di provare intimamente un’emozione poetica nuova, sorprendente, profonda ed autentica. Con una differenza: dovranno durare più fatica ed essere interiormente attenti. Questo, purtroppo, è il punto derimente, e anche un poco imbarazzante per me che lo faccio notare, potendo gli altri dedurre di essere stati da me stesso accusati di svogliataggine e di leggerezza. Sarebbe comunque chiedere troppo, se chiedessi loro di impegnarsi maggiormente nel padroneggiamento delle scienze delle epoche che studiano e di cui vogliono riferire?
Una domanda. Sarà stato allora solo per la maggiore flessibilità richiesta e la troppa fatica che si prospettava all’Accademia nel seguirmi, che essa stessa ha disatteso le mie ricerche, conseguentemente inibendo al pubblico dei lettori di fare l’esperienza letteraria a cui ho accennato? Questo perché il pubblico può non vedere quello che sta succedendo nelle analisi filologiche quando mancasse loro quell’accreditamento di cui il pubblico stesso ha culturalmente bisogno prima di ricercare e di impegnarsi a leggere.
Per la mentalità del Bartoletti e per quella di uno dei suoi maestri, ALFONSO GRATRY, sarebbe stato d’altronde logico e naturale, che se uno avesse fatto delle decisive e rivoluzionaria scoperte, tipo la mie, e perciò importantissime ed inattese, in grado cioè di invalidare lo STATUS QUO, poi ben difficilmente avrebbe trovato in vita sua qualcuno importante disposto a riconoscergliele, a farle valere. E non solo perché non avrà voluto scomodarsi impegnandosi in questioni non sue. Infatti la spiegazione ontologica di un tale disinteresse verso i lavori che obbligano ad interrogarsi sulla verità potrebbe avere implicazioni fenomenologico-trascendentali, o di ordine spirituale, volendole trovare, assai pesanti. Omettiamo.
Se tutto fosse facile, dicevano il Gratry e il Bartoletti, perché saremmo qui ad aspettare il giorno della discesa dal cielo della Nuova Gerusalemme Terrestre, o quello in cui vedremo sorgere le torri de la Novella Troia? Che sono torri, tanto inneggianti alla ricerca della verità in ogni campo, quanto, dopo averla trovata, inclinanti a poterne fare gioire insieme, essendo assente, entro le sue mura, l’invidia. C’è in queste torri un rilancio dell’idea di COMUNIONE che, avendo le sue radici nell’attività di ricerca della verità in ogni campo, farebbe della stessa Novella Troia una città di cittadini (Prophetas, et Sapientes, et Scribas – cfr. liturgia del 26 dicembre, festa di santo Stefano protomartire), cioè di profeti, di artisti, di filosofi, di intellettuali, di poeti e più in generale di innamorati di tutto quanto è degno di amore, in grado di poter rendere grazie a Dio della loro esistenza in terra come vorranno, cioè senza forme prescritte, come già era previsto dalla antica dottrina della Didaché tanto cara a monsignor Bartoletti. Dunque in riferimento alla Novella Troia si sarebbe trattato, per lo stesso Bartoletti, di una città antiborghese, nel senso più profondo e cristiano del termine. E qui c’è tutto lui con Paolo VI, a mio giudizio. Personalmente avrei anzi motivo di ritenere che, sia pure segretamente, tanto il Bartoletti che Paolo VI tenessero in seria considerazione i MOVIMENTI EXTRAPARLAMENTARI degli inizi degli anni ’70 in cui vedevano un segno di manifestazione del bisogno della Novella Troia. Si sarebbe trattato di una considerazione da potersi ritenere, per allora e da parte di alcuni, pericolosa? Nella stessa maniera, per come me ne parlò a Roma il Bartoletti, credo che la potessero pensare anche il cardinale Antonio Poma e monsignor Albino Luciani.
Comunque, per quanto mi riguarda, se adesso non trovassi nessuno qualificato disposto ad ascoltare le mie verità su Dante e sul medioevo, e a darmi sostanzialmente una mano perché abbia successo, in base al Gratry e al Bartoletti rientrerei perfettamente nella norma. La Novella Troia, mi potrebbero dire, è lontana, e non solo per te.
Per contro però, se monsignor Bartoletti risultasse un Profeta, parimenti che io uno scopritore, che posto dovrebbe occupare nella nostra società? Si troverebbe anche lui in attesa di qualcosa che non arriva? Oppure gli sarebbe potuto capitare quasi obbligatoriamente, già da subito, qualcosa di attinente alla dignità del suo ruolo? Per tentare, ipoteticamente, di farsene un’idea credo possa essere utile andare a leggersi cosa dice la LITURGIA CRISTIANA SUI PROFETI. Essa ne parla, guarda caso, proprio nel giorno da me scoperto di CONCEPIMENTO DI BEATRICE PERSONAGGIO, Venerdì 26 dicembre 1264, festa di Santo Stefano protomartire, di cui Dante riferisce nel capitolo XXIX, 1-2, della Vita Nuova, ma a cui si arriva solo dopo aver risolto l’enigma del giorno di nascita di Dante personaggio di cui al canto XXII, vv. 110-117, del Paradiso: e si tratta di quell’enigma di cui qui mi sto occupando per arrivare a farne capire la risoluzione.
Dal giorno di concepimento di Beatrice si ricaverebbe liturgicamente la sorte dei profeti, del Bartoletti. Da quello di nascita di Dante personaggio che il Bartoletti, se si presta fede a me, lo fu.
Ricordo per intero, e per comodità, il punto in cui il Poeta tratta del giorno di nascita di Dante personaggio. Egli recita:
“… in quant’io vidi ‘l segno / che segue il Tauro e fui dentro da esso. / O gloriose stelle, o lume pregno / di gran virtù, dal quale io riconosco / tutto, qual che si sia, il mio ingegno, / con voi nasceva e s’ascondeva vosco / quelli ch’è padre d’ogne mortal vita, / quand’io senti’ di prima l’aere tosco;” (Par., XXII, 110-117).
Riletti questi versi, come si pensa si possa arrivare a scoprire la LONGITUDINE in Gemelli, per il 1265, di quel gruppo di tre Stelle Fisse di nascita di Dante personaggio, gloriose e piene di gran virtù, e perciò corrispondenti alla POLARE, alla BETELGEUSE e alla MENKALINAM, sopra alle quali porre poi il Sole per così stabilire, per CONGIUNZIONE stretta con loro, il grado occupato in Gemelli dal Sole stesso nel giorno in cui Dante personaggio fu fatto nascere? Conosciuto il grado occupato dal Sole si potrà poi facilmente accertare, sia che giorno preciso era quando il fenomeno si dette, e quindi in quale giorno il Poeta personaggio fu fatto nascere seguendo il c. XXII, vv. 110-117, del Paradiso, sia, per ciò che mi riguarda, che la profezia di monsignor Bartoletti che io, in vita mia, avrei scoperto tale qualificantissimo giorno insieme a tante altre cose, fu vera. Ovviamente ammesso che tale profezia del Bartoletti non me la sia inventata di sana pianta, come però altre considerazioni sullo stesso Bartoletti potranno recisamente escludere.
Per arrivare a stabilire la longitudine delle Stelle di Dante per il 1265 in pratica ho sottratto, dalla loro longitudine per l’anno 2000 che si trova bene indicata nel volume di MARCO GAMBASSI, Conoscere le stelle (ed. F. Capone, Torino, 2003, p. 346), l’angolo da loro maturato dal 1265 al 2000 che risulta pari a 10°.15’. Questo perché “il movimento quasi insensibile, o impercettibile, di tutte le Stelle Fisse, le quali, per il loro copiosissimo numero, dice Dante che contare di qua giù non le potemo”, oggi sappiamo, dopo le numerose discussioni che hanno attraversato tutto il medioevo, corrispondere oggettivamente ad un grado ogni 72 anni circa. E, fatti i calcoli, per l’arco dal 1265 al 2000, si arriva ad un angolo di 10°.15’. Tale angolo sappiamo essere dovuto al noto slittamento longitudinale ed apparente del Cielo delle Stelle Fisse sullo ZODIACO DEI SEGNI. Nel cielo delle Stelle Fisse è logicamente contenuto, sulla fascia zodiacale, anche lo ZODIACO DELLE COSTELLAZIONI, cioè le dodici costellazioni zodiacali, mentre il loro moto apparente sullo ZODIACO DEI SEGNI, come anche quello di tutte le altre stelle, e perciò tanto di tutte quelle dell’emisfero settentrionale che australe, sappiamo essere dovuto al noto fenomeno della precessione degli equinozi: fenomeno di cui tiene conto anche Dante (Convivio, II, XIV, 11; II, V, 16).
Pregherei gentilmente gli esegeti di tener presente e valutare il fenomeno a cui ho fatto riferimento poiché comunemente sembra essergli sfuggito: e si tratterebbe del così detto ZODIACO DEI SEGNI A SPICCHI su cui ha recentemente scritto anche Marco Gambassi nell’intento di agevolare i ragionamenti in tema di astronomia-astrologia sferica.
Nel segno dei Gemelli è stato per me facile controllare per il 1265, sia che non esistesse un altro gruppo di stelle importanti il cui angolo di congiunzione col Sole potesse soddisfare l’indicazione fornita dal Poeta, sia che non esistessero di maggiormente gloriose e virtuose di queste tre: la Polare a 18°.20’ in Gemelli, la Betelgeuse a 18°30’ e la Menkalinam a 19°.40’. Per esempio la Polare nell’anno 2000 trovandosi a 28°.34’ in Gemelli, meno 10°.15’, uguale Polare nel 1265, con gli arrotondamenti, a 18°.20’ come già da me dichiarato. La Polare sarà per Dante la stella che brilla, indicandola, sopra la “cittade di Maria” posta da lui al polo Nord in cui, per omogeneità della città col nono cielo acqueo, Cristallino e di Maria, o Primo Mobile, i suoi simbolici, o ideali, cittadini starebbero a gloriare sotto la insegna della Madonna (cfr. Convivio, III, V, 8 – 19; Vita Nuova, XXVIII, 1; Par., XXVII, 67 – 69). Potrebbe essere per simpatia con la città di Maria con cui si trova in congiunzione che la virtus contracta della Polare emana “gloriosità”, mentre la stessa città di Maria sarebbe a sua volta gloriosa per simpatia col nono cielo acqueo di Maria in cui dichiaratamente si sta a “gloriare” (Vita Nuova, XXVIII, 1). È l’acqua, l’umido, che per l’antichità e il medioevo faceva muovere tutto, ivi compreso il corpo dell’essere umano attraverso l’”umido radicale”, cioè di natività (Convivio, IV, XXIII, 6-8). Questo, intuitivamente, risulterebbe il discorso da fare, per esempio, sulla Polare. Poetico?
A questo punto l’unica incertezza che potrebbero avere gli esegeti tradizionalisti nell’approvare, o nel condividere, la mia oggettiva scoperta del 2 GIUGNO potrebbe derivare dal fatto che mi sia sbagliato nell’identificazione delle stelle di Dante. Oppure loro potrebbero anche pensare, come spesso si legge, che con i citati versi del canto XXII, vv. 110-117, del Paradiso, il Poeta abbia voluto semplicemente fare poesia in senso fantastico, cioè moderno, alla maniera insomma di Giacomo Leopardi quando ricorda la Luna, obliando quindi necessariamente di inserire le scienze medievali di più alto livello gerarchico, e perciò l’Astrologia, la Morale Filosofia e la Sacra Teologia Liturgica, nel suo scrivere e poetare. Di fronte a tale convinzione filologica e storica, per altro consolidatissima, gli esegeti avranno visto in me, nell’insistere tanto nelle mie ricerche, una sorta di incomprensibile testardaggine, poiché avrei insistito nell’avversare quanto a loro risultava da tempo del tutto evidente e, da qui, il ritenere “oziosa” la mia ricerca (cfr. Graziella Federici Vescovini, Dante e l’astronomia del suo tempo, nella rivista ‘LETTERATURA ITALIANA ANTICA’, Roma, Moxedando Editrice, anno III, 2002, pp. 299 - 300), o il loro considerare dilettantistico, o da “outsider”, il mio livello di ricercatore (cfr. Patrick Boyde). Io altre spiegazioni plausibili non ne trovo.
Anche HEINRICH SCHLIEMANN per le scoperte su Troia e sulla civiltà micenea, a cui monsignor Bartoletti, profetizzando, mi aveva un giorno paragonato, partì come un dilettante pieno di entusiasmo, però poi l’Accademia gli andò incontro trovando vantaggioso il suo metodo di ricerca e infine, almeno in parte, riconoscendogli un forte valore. Invece, in relazione alla spiegazione da me trovata per i ricordati versi di Par., XXII, 110ss. l’Accademia continua a chiudere gli occhi. Le sarà salutare? Per lei il Poeta con questi versi avrebbe solo genericamente voluto ricordare di essere del “bel segno astrologico dei Gemelli”, e non affatto di essere nato il martedì 2 Giugno. Ma io affermo che le è stato possibile mantenere questa tesi perché essa ha continuato ad ignorare che il Poeta ricorresse pienamente all’astrologia di Tolomeo e alle sentenze del suo Tetrabiblos. Si legge adesso: “mi viene l’obbligo di esaminare il problema di Dante astrologo; in particolare il suo impegno del termine astrologia per intendere ‘astronomia’”, (cfr. GRAZIELLA FEDERICI VESCOVINI, ivi, p.306). Ma se questo è il tèlos attraverso cui per secoli si è studiato Dante, se io avessi ragione a immaginarmelo capovolto, cosa dovrebbe in generale succedere a Italianistica e nelle Facoltà di Lettere e Filosofia? Conseguentemente potrei io essermi guadagnato, se avessi ragione, un punto in più nel convincere una qualche Accademia accreditata a scrivere al THE NOBEL FOUNDATION, LITERATURE, STOCKHOLM? Ma avrei maggiormente piacere, seguendo la filosofia di KARL R. POPPER, di vedere smentita, o confutata, la mia appassionata dimostrazione scientifica, la mia congettura, piuttosto che vedermi in viaggio per Stoccolma, tanto sono esistenzialmente curioso. Qualcuno vorrà accontentarmi nel mio intimo desiderio di vedermi legittimamente defenestrato?
Esistono in tutto il mondo tanti Premi Letterari importanti di cui molti professori si gloriano di farne parte e, in particolar modo, di far parte del loro Comitato Scientifico di Aggiudicazione, per cui a me resta difficile ammettere che, per la difficoltà scientifica e faticosità dell’impegno richiesto nel seguirmi, le mie argomentazioni soprattutto tolemaico-liturgico-dantesce, vengano sistematicamente messe da parte.
Gentilmente rivolgerei la richiesta di intervenire nell’analisi sul martedì 2 GIUGNO 1265, magari dopo averci ripensato, anche a GRAZIELLA FEDERICI VESCOVINI e ad ANTONIO LANZA direttore della rivista Letteratura Italiana Antica poiché, a vario titolo, già si sono occupati di Dante e l’astronomia del suo tempo (Anno III, 2002, Roma, Moxedano Editrice, pp. 291 - 309).
Non ci si limiti a fare la storia dell’astrologia ai tempi di Dante. Si entri invece anche nel merito delle questioni astrologico-esoterico-liturgiche da lui poste cercando di risolverle. Che male ci sarebbe anche se è fuori dalla consuetudine? Si può insegnare all’Università cos’era il medioevo e la sua letteratura poiché si sono direttamente letti e studiati moltissimi libri dell’epoca e tanti altri testi critici a commento, ma con tale metodo, se pur encomiabile, si procede pur sempre per approssimazione. E le smentite, prima o poi, arriveranno. Se tale metodo potrà essere integrato da un altro, da quello da me inaugurato, per il quale solo dopo essersi impadroniti delle scienze medievali di più alto rango si potrà riuscire a vedere e a risolvere, gli enigmi, o le questioni, che contengono le opere, la possibilità di futura smentita di quello che si è sostenuto dovrebbe ridursi di molto, se non approssimarsi allo zero. Insomma l’insegnamento di cosa fu il medioevo, seguendomi, risulterà maggiormente aderente alla realtà, fornendo le mie ricerche su esso stesso una visione più autentica.
Se gli esegeti non si volessero direttamente occupare nemmeno di accertare la mia scoperta del giorno di nascita di Dante personaggio, allora chiederei gentilmente alla SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA con sede a Firenze, alla THE DANTE SOCIETY OF AMERICA con sede alla Harvard University, alla DEUTSCHE DANTE-GESELLSCHAFT con sede a Magdeburg, alla CASA DI DANTE IN ROMA con sede a Roma, alla BIBLIOTECA CLASSENSE di Ravenna, all’ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI con sede a Roma, di assumersi loro in prima persona come associazioni, la risoluzione, semmai le risultasse possibile, di questo giorno di nascita di cui al c. XXII, vv. 110-117, del Paradiso, considerato che si tratta pur sempre del loro emblematico eroe, del vessillo con cui da molti decenni danno onorevolmente senso alla loro attività, nonché di quello con cui adornano i loro timbri a inchiostro indelebile.
Orbene in base alle mie ricerche, perché il Sole nel giorno di nascita di Dante personaggio venga a trovarsi il più vicino possibile (congiunzione stretta) a questo gruppo di stelle, Polare, Betelgeuse e Menkalinam e al tempo stesso in fase di avvicinamento ad esse stesse, e non di allontanamento, fatti i calcoli dovrà trovarsi a circa 18°.01’ in Gemelli (cfr. Profhacii Judaei Montispessulani [Montpellier- Francia] ALMANACH PERPETUUM, tabula Solis prima – c. 20 verso – Ad fidem Codicis Laurentiani, PL. XVIII sin. N.1). Spiegherò più avanti perché il Sole in questa congiunzione dovrà essere colto, dantianamente, in fase di AVVICINAMENTO, o MONTANTE, o NOBILE, e non in fase di ALLONTANAMENTO da esse, o di distacco, o VOLGENTE, o VOLGARE.
Per controllo. Il Sole, alle 12h.00’ del martedì 2/6/1265 su Montpellier (Montispessulani), come ho già ricordato nella prima parte, si trovava, seguendo le ricordate tavole, alla longitudine di 17 gradi, 53 munuti, e 17 secondi nel segno dei Gemelli. Poche decine di minuti dopo si sarà perciò logicamente trovato, a Firenze, ai ricordati 18°.01’ circa in Gemelli, come da me indicato fino dal 1993, e il fenomeno si sarà verificato sempre durante questo stesso martedì 2 Giugno 1265. Queste tavole testimoniano documentalmente che Dante personaggio è stato fatto dunque nascere, da Dante persona, in questo giorno martedì 2 GIUGNO 1265 poiché solo in questo stesso giorno il Sole, durante tutto l’anno, viene a trovarsi in congiunzione montante e nobile con la Polare, la Betelgeuse e la Menkalinam. Quali obiezioni possono essere mosse contro questa scoperta? Gentilissimo Signor Presidente della Repubblica Italiana, On.le Giorgio Napolitano, seguendo i miei calcoli e le mie ricerche risulta dunque che Dante è nato il 2 GIUGNO. Nessuna obiezione è stata mossa nel merito dagli Illustrissimi Signori Docenti Universitari di Italianistica e di Filologia e Critica dantesca a questa mia dimostrazione. Siccome anche a Firenze chi tace acconsente, dopo una eventuale ed ulteriore analisi, fatta questa volta su specifico incarico professionale ad esperti, magari per questa solenne occasione a titolo oneroso, se poi il risultato fosse quello da me sperato, ebbene sarebbe possibile festeggiare allora insieme tutti gli anni il 2 GIUGNO la nascita della Repubblica Italiana e quella di Dante personaggio. Le parole della Sacra Teologia Liturgica del 2 giugno, festa dei ss. Marcellino, Pietro ed Erasmo (cfr. Calendario del 1263 a Bominaco, L’Aquila, Oratorio di San Pellegrino; cfr. Biblioteca Laurenziana, EDILI 107, a carte 3/verso), finiranno poi per confermare ulteriormente questa scoperta, se mai ce ne fosse logicamente bisogno, portando a termine la meravigliosa architettura medievale da me scoperta, di natura astrologico-esoterico-liturgica, inventata dal Poeta e di fronte alla quale monsignor Enrico Bartoletti si era tanto emozionato quando me la predisse. Trattazione astrologica degli UMORI per stabilire la legittimità del punto di CONGIUNZIONE Sole-Stelle Fisse, di cui al c. XXII, vv. 110-117, del Paradiso. Entriamo adesso, come mi ero ripromesso di fare, nella parte più strettamente scientifico-medievale in modo da cercare di far intravedere sufficientemente la materia astrologico-tolemaica che ha in mente il Poeta, la quale per me esclude recisamente che quando Dante impiega il termine astrologia possa intendere ‘astronomia’. Quando lui scrive astrologia, intendendo naturalmente quella scientifica, non dovranno essergli fatte tare: di piena astrologia tolemaica lui intenderà trattare. Si studi dunque il Tetrabiblos di Tolomeo, e specialmente in quel punto in cui lo stesso Tolomeo, analogamente a Dante e prima di lui, si occupa dei pianeti in aspetto col Sole (rivoluzioni sinodiche) per indicare la virtus dei loro quattro umori. Dante, richiamandosi a questi, permette di dare una congrua spiegazione del suo ricorso all’Astrologia delle elezioni, e perciò ogni qual volta decide di prendere una nuova iniziativa, compreso il viaggio della Commedia, o interviene riferendo di un nuovo evento. Il Poeta cioè, avvalendosi della differente natura dei quattro umori, ricorre al quarto modo di occuparsi di astrologia esercitativa seguendo un suo contemporaneo, forse anche suo amico, Pietro d’Abano. Questi scrive: “Quarta vero de electionibus qua, considerata disposizione celesti laudabili, agere incipimus” (PIETRO D’ABANO, Lucidator dubitabilium astronomiae-astrologiae, Differentia prima, propter primum). E tale lodevole disposizione si riferisce anche alla natura degli umori. Sappiamo che Dante, interpretando e approfondendo Claudio Tolomeo (Tetrabiblos, I, V, 1-2; I, VIII, 1-2), in relazione ai quattro umori, umido, caldo, secco e freddo, ritiene MONTANTE E NOBILE l’umore UMIDO e quello CALDO, anche perché, iuxta sententiam Ptholemaei, sono fecondi e attivi (Tetrabiblos, I, V, 1), mentre ritiene, iuxta suam propriam sententiam, VOLGENTE E VOLGARE l’umore SECCO e quello FREDDO (Convivio, IV, XXIII, 6 – 15), anche perché sono distruttivi e passivi. La fase montante e quella volgente è ovviamente sempre rispetto ad un PUNTO CULMINANTE, o SOMMITÀ DELL’ARCO, ed è perciò questo culmine che dobbiamo sempre ricercare ed avere presente quando affrontiamo, in ogni occasione, i quattro umori. Rispetto ad un CULMINE, che è il punto di discriminazione occidente-oriente, tutto si muoverà e si mostrerà, o in fase di avvicinamento ad esso stesso (fase montante e nobile), o in fase di allontanamento da esso stesso (fase volgente e volgare). La posizione fissa in cielo delle tre Stelle di nascita di Dante (Polare, Betelgeuse e Menkalinam), nel nostro caso sarà il punto culminante per il Sole (astro errante) di nascita del Poeta personaggio. Al fine di potersi rendere meglio conto del pensiero scientifico medievale e della validità della presente dimostrazione, ricordo che nel tratto diurno della giornata il Sole si trova al suo CULMINE a mezzogiorno, a 90° dal suo essere sorto iuxta sententiam Dantis (Convivio, IV, XXIII, 10; IV, XXIV, 6). Di conseguenza la giornata, in dipendenza della fase ascendente del Sole, sarà umida e calda e perciò montante e nobile e quindi feconda e attiva (dal sorgere del Sole stesso fino a mezzogiorno), mentre da mezzogiorno in poi, cioè dal culmine del Sole fino al suo tramonto, essa sarà secca e fredda e perciò volgente e volgare e quindi distruttiva e passiva (Convivio, IV, XXIII, 10; IV, XXIV, 6). L’attività del corpo dell’uomo, sia materiale, che psichica, che spirituale, per gli antichi e per i medievali doveva tener conto, anche da un punto di vista liturgico, di queste quattro fasi umorali giornaliere, come analogamente ne doveva tener conto in relazione a tutto l’anno. Sono le quattro stagioni (inverno, primavera, estate e autunno) a rendere conto dell’alternarsi, durante l’anno, dei quattro umori, con conseguenze anche sulla liturgia cristiana. Per Dante e per la Liturgia cristiana la fase umida annuale inizia a farsi sentire già sotto la neve, al solstizio d’Inverno, per la festa della Natività di Cristo del 25 dicembre, cioè con l’ingresso del Sole nel segno del Capricorno (Par., XXVII, 67-69), e da questo momento in poi il ciclo annuale sarà, dantianemente e liturgicamente considerandolo, montante e nobile. Il massimo del ciclo umido e caldo, cioè montante e nobile, sarà invece raggiunto per Pasqua, per la festa della Resurrezione di Cristo, all’equinozio di primavera iuxta sententiam Ptholemaei (Tetrabiblos, II, XI, 5-7). La fase calda terminerà per la Natività di san Giovanni Battista, il 24 giugno, che è il CULMINE del ciclo annuale del Sole. Da allora in poi il ciclo del tempo si farà volgente e volgare e sarà prima secco e poi freddo fino a ritornare alla Natività. Analogamente il fenomeno si ripeteva per loro nella valutazione dell’arco della vita umana attiva (Convivio, IV, XXIII, 6-15) che, per Dante, va dall’età dell’Adolescenza a quella della Senettute, e quindi comprendente la Gioventute ma con esclusione della Senio. Egli fa pari quest’arco a settanta anni paragonaldolo a tutto il moto diurno del Sole, cioè al periodo diurno della giornata: l’età della senio, cioè quella da settant’anni in poi, venendo invece dal Poeta posta sotto l’orizzonte, cioè sotto il Discendente, per lui stesso l’uomo sarà meglio che rivolga il suo pensiero esclusivamente a Dio. Di conseguenza la vita attiva dalla nascita al trentacinquesimo anno di età, che è la metà di settanta anni, Dante la considererà umida e calda, montante e nobile e feconda e attiva e, al contrario, dal trentacinquesimo anno in poi, prima secca e poi fredda, cioè volgente e volgare e quindi distruttiva e passiva. È di tutta evidenza che il “punto sommo di questo arco” (Convivio, IV, XXIII, 9-11), il culmine della vita per come lui la intende, seguendo ed approfondendo cristianamente Tolomeo, sarà rappresentato dal trentacinquesimo anno di età, cioè dal Sole a mezzogiorno. Essendo Gesù Cristo idealmente e liturgicamente morto a trentaquattro anni esatti a datare dal suo concepimento, o incarnazione (Il concepimento, per il calendario antico fiorentino, è idealmente avvenuto il venerdì 25 marzo del 1° anno dopo Cristo e la morte in croce il venerdì 25 marzo del 35 dopo Cristo), possiamo affermare che tale età, se la vogliamo computare sul moto diurno del Sole come fa Dante, corrisponda a quand’era quasi mezzogiorno. Scrive Dante, “era quasi ora sesta quando (Gesù Cristo) morio, che è a dire lo colmo del die” (Convivio, IV, XXIII, 11). Questo è il giusto ragionamento da seguire per capire l’indicazione dell’ora di morte di Cristo per Dante nel momento in cui deve seguire ed interpretare l’evangelista Luca. In base alle ore liturgiche, o ineguali, o planetarie, ovviamente anche per lo stesso Dante, Gesù Cristo è morto alle quindici, all’ora nona, nell’ora planetaria del Sole: Venerdì e perciò prima ora di Venere, II del Sole, III di Marte, IV di Giove, V, di Saturno, VI della Luna, VIII di Mercurio, VIII di Venere e IX ora del Sole. Scrive emblematicamente Dante forse volendoci dare la giusta dritta: “Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che ‘l sole” (Convivio, III, XII, 7). Devo ricordare, per inciso, che le mie ricerche astrologiche indicano scientificamente che il viaggio della Commedia inizia il 25 marzo del 1301 e termina alle 12h. – 15h. del venerdì Santo 31 marzo 1301, conseguentemente durando sei giorni e mezzo circa, e perciò fino al giorno kabalistico, o numerologico, giubilare rispetto ad un dato inizio, o incipit. È sempre giubilare l’intero giorno che si aggiunge al numero sei quand’esso conta la sesta volta di un qualcosa. Per cui: 3 + 3 = 6 cerchio chiuso, più l’Unità giubilare, il Bene, il Padre, Dio, Gesù Cristo che rompe le chiusure, uguale 7, giorno giubilare. E Dante ragiona così. Il viaggio si compie inoltre richiamandosi esattamente anche alle feste liturgiche di concepimento e di morte di Cristo in croce. La prima posta all’inizio è una festa fissa, e la seconda posta in chiusura è una festa mobile. Il computo cronologico risulta invece quello calendariale-antico-fiorentino, obliato dagli esegeti, con Cristo non solo risorto, ma anche nato di domenica. Per il computo dei giorni del viaggio nel 1301 si veda, GIOVANGUALBERTO CERI, Dante e l’astrologia, con presentazione di Francesco Adorno, Loggia de’ Lanzi, Firenze, 1995, per altre valutazioni il testo, essendo del 1995, e non avendo io mai cessato fino ad oggi di approfondire l’argomento, su alcuni punti potrebbe considerasi superato. Ugualmente il ricordato fenomeno scientifico dell’alternanza dei quattro umori, cioè delle fasi nobile e volgare, si ripeterà per la Luna. Il pianeta dal novilunio al plenilunio sarà infatti in fase umida e calda, perciò montante e nobile, e quindi feconda e attiva, e per Dante non si potrà assolutamente sgarrare nel calcolarlo, o valutarlo, se vogliamo capire il motivo per cui la Luna, per motivi scientifico-astrologici (Inf., XX, 127 – 129), non dovrà nuocere. Dal plenilunio a ritornare al novilunio, la fase sarà invece secca e fredda, volgente e volgare e quindi distruttiva e passiva, e perciò impossibilitata, o inibita, seguendo l’astrologia delle elezioni, ad aiutare un viandante anche, sembra, nell’aldilà. Sfuggirebbe alla nostra comprensione una grossa fetta del pensiero di Dante e della poesia della Commedia se non facessimo mente locale a quest’ordine di astrologiche considerazioni. Orbene in riferimento al moto di rivoluzione dei cinque pianeti, che per la risoluzione delle questioni poetico-astrologico-liturgiche poste da Dante sarà di ancora più forte rilevanza, i due pianeti inferiori al Sole, o interni alla Terra, Mercurio, Venere, e i tre superiori al Sole, o esterni alla Terra, Marte, Giove e Saturno, iniziano tutti, per la tradizione astrologica, la fase umida al perigeo. La REGOLA GENERALE per la successione dei quattro umori (umido, caldo, secco e freddo) nei cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) è la seguente. I cinque pianeti si ricaricano di umidità al loro passaggio al perigeo. Tale regola era ben nota a Dante e alla tradizione e si deduce chiaramente da Tolomeo, dalla Liturgia cristiana e dalla lettura delle opere della paganità classica, ma è stata purtroppo dimenticata dagli astrologi in epoca moderna, probabilmente a partire dal primo Umanesimo e perciò obliata, purtroppo, anche dagli astrologi contemporanei. I cinque pianeti sono umidi e caldi e perciò montanti e nobili e quindi fecondi e attivi, nel tratto dal perigeo all’apogeo, e secchi e freddi e perciò volgenti e volgari e quindi distruttivi e passivi dall’apogeo, cioè dal loro culmine, fino a ritornare al perigeo. Insomma l’apogeo dei cinque pianeti costituisce il loro culmine, o sommità dell’arco, e corrisponde, ovviamente, al plenilunio della Luna, e al solstizio d’estate per il Sole, nonché al trentacinquesimo anno di età della vita umana, e al perfetto allineamento di un astro errante (i sette pianeti comprendenti il Sole) con un astro superiore, o Stella Fissa, o gruppo di Stelle Fisse: ed è il punto a cui dovevo arrivare per controllare il fenomeno di congiunzione astrologica Sole-Stelle Fisse del c. XXII, vv, 110-117, del Paradiso che finisce poi per indicare il nostro martedì 2 giugno 1265. Come si fa a dire che Dante non si occupa di astrologia e che quando scrive astrologia intende ‘astronomia’? Per me potrebbe essere perché all’Università non si padroneggia ancora sufficientemente la materia. Ma si tratta di una lacuna che si pensa in seguito di dover colmare? Fine della trattazione astrologica degli UMORI per stabilire la legittimità del punto di CONGIUNZIONE Sole-Stelle Fisse di cui al c. XXII, vv. 110-117, del Paradiso. Si capirà adesso meglio il motivo per cui nel giorno di nascita di Dante personaggio il Sole, in aspetto di congiunzione con le tre stelle, dovrà essere colto in avvicinamento ad esse stesse, costituendo esse il culmine di questo suo tragitto. Per tale motivo è da escludere in Dante l’aspetto di congiunzione del Sole in fase di allontanamento, o di distacco, o volgente, da queste tre stelle. Comunque, anche in fase di congiunzione volgente il fenomeno sarebbe sempre valido entro un campo di due gradi. Questa ipotetica congiunzione volgente, da escludere per tutti i ricordati motivi, condurrebbe ad un giorno di nascita di Dante di qualche decina di ore successivo al ricordato 2 giugno 1265.
Dunque, e riassumendo al fine di fare padroneggiare meglio tutto il fenomeno.
Se poi vogliamo farci un’idea autobiograficamente fondata di chi fosse Dante e di quello che dovette patire in vita sua, possiamo integrare le nostre conoscenze rileggendo, per esempio, quanto egli scrive nel Convivio.
“Poi che fu piacere de li cittadini de la bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno – nel quale nato e nutrito fui in fino al colmo de la vita mia (ossia fino a quell’anno in cui egli potrà scrivere, “Nel mezzo del cammin di nostra vita” – Inf., I, 1. – che scientificamente e tassativamente è costituito dalla Rivoluzione solare del suo XXXV anno di età che va dal 2/6/1300 al 2/6/1301 e per cui il viaggio della Commedia mai potrà essere collocato nella primavera dell’anno 1300 come, purtroppo, comunemente avviene), e nel quale, con buona pace di quella, desidero con tutto lo cuore di riposare l’animo stanco e terminare lo tempo che m’è rato – per le parti quasi tutte a le quali questa lingua (il volgare italiano) si stende, peregrino, quasi mendicando, sono andato, mostrando contra mia voglia la piaga de la fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata. Veramente io sono stato legno sanza vela e sanza governo, portato a diversi porti e foci e liti dal vento secco che vapora la dolorosa povertate” (Convivio, I, III, 4-5).
Se poi questo sistema di procedere astrologico-esoterico-liturgico Dante lo avesse applicato tante altre volte, cioè sempre quando gli fosse parso utile e necessario, allora significherebbe che qualcosa di nuovo e di sostanziale dovrà, almeno per me, essere aggiunto a Filologia e critica dantesca, a Italianistica e a Storia della cultura medievale.
Il succo poetico di queste mie scoperte non è comunque contenuto solo in esse, per quello che di esse ho potuto qui riferire. Un’altra parte consistente è demandata alle intuizioni che, partendo da queste stesse scoperte, si potranno avere e che Dante ha ben messo in conto. Credo anzi che il Poeta faccia appello proprio a queste, e quindi al una adeguata soggettività da parte di chi lo legge, forse anche al fine di incoraggiarla, quando, per esempio, scrive: “Canzone, io credo che saranno radi / color che tua ragione intendan bene, / tanto la parli faticosa e forte” (Convivio, II, Canzone prima). Mettendo in rilievo la componente “faticosa”, egli forse ha voluto riferirsi alla componente astronomico-astrologica, mentre indicando la componente “forte” a quei contenuti di coscienza afferrabili solo per intuizione, ovviamente dopo che lui ha delimitato il campo in cui impegnarsi a meditare.
Se io non avessi padroneggiato alcune scienze dell’epoca la scoperta del martedì 2 giugno 1265 non l’avrei potuta fare, mentre se i dantisti l’anno potuta salutare solo da lontano sarà stato sempre per la loro poca dimestichezza empirica con le scienze medievali gerarchicamente più elevate. Gli esegeti che hanno affrontato la spiegazione delle terzine del c. XXII, vv. 110-117, del Paradiso, hanno mancato il bersaglio probabilmente perché non hanno immaginato di doversi prima immergere nelle seguenti tre scienze medievali.
Dell’ASTROLOGIA come scienza del settimo cielo, per lo meno in tutti quei circa novanta punti in cui gli astronomi dantisti hanno visto una semplice implicazione astronomica (cfr., p.e., CORRADO GIZZI, L’astronomia nel Poema Sacro, Loffredo, Napoli, 1974).
Della SCIENZA PITAGORICA, O MORALE FOLOSOFIA del nono cielo Cristallino, per tutta la Vita Nuova, proprio perché l’opera risulta essere un trattato simbolico e ontologico-vissuto, inerente questa stessa scienza che noi moderni potremmo chiamare, seguendo E. Husserl, scienza della soggettività, o dell’anima in generale, per l’ampliamento di coscienza che essa stessa stimola e invoglia a poter sperimentare. Anche in relazione a tutte le date e feste liturgiche da me scoperte il Poeta fa sempre riferimento a questa scienza pitagorica e Morale Filosofia, poiché queste stesse feste liturgiche risultano tutte attinenti alla sublimazione della spinta sessuale che è un’attività peculiare al cielo Cristallino, acqueo e di Maria ove, appunto, è andata Beatrice “a gloriare sotto la insegna di quella regina benedetta virgo Maria, lo cui nome fue in grandissima reverenzia ne le parole di questa Beatrice beata” (Vita Nuova, XXVIII, 1). Tale cielo sappiamo infatti essere somigliante a questa scienza per dichiarazione dello stesso Dante.
Monsignor Enrico Bartoletti, per avermi profetizzato le scoperte che avrei fatto in futuro su Dante, avrà avuto anche lui una qualche predilezione per queste tre scienze? Io ritengo di sì, anche se capì che io avrei potuto accedervi solo dopo aver scoperto il martedì 2 giugno 1265. FINE DELLA SECONA PARTE Una ulteriore PROVA della validità della dimostrazione del martedì 2 giugno 1265 quale data di nascita di Dante personaggio in base al canto XXII, versi 110 – 117, del Paradiso, sarà da me fornita nella successiva TERZA PARTE di questo mio intervento. Dimostrerò che solo partendo dal martedì 2 giugno 1265 si arriva a scoprire il giorno simbolico, o ideale, di concepimento di Beatrice personaggio, venerdì 26 dicembre 1264; quello sempre simbolico, o ideale, della sua nascita, venerdì 2 ottobre 1265, festa ad libitum dei santi Angeli Custodi; quello della sua prima apparizione a Dante, venerdì 2 febbraio 1274, festa in cui la liturgia assegna a ciascun fedele un angelo; quello, liturgico, della sua morte, venerdì 9 giugno 1290. E siamo già a quattro venerdì in relazione a lei che è sempre stata dal Poeta accostata al pianeta Venere.
“Voi che ‘ntendendo il terzo ciel ( di Venere) movete, / udite il ragionar ch’è nel mio core, /ch’io nol so dire altrui, sì mi par novo” (Convivio, Canzone prima). Inoltre cosa dire del fatto che Beatrice è nata nel giorno dei santi Angeli Custodi, ed è apparsa a Dante per la prima volta nel giorno in cui, per la liturgia, la Provvidenza Divina assegna a ciascun fedele un angelo, se non che le mie ricerche hanno centrato il bersaglio, specialmente considerando che gli esegeti hanno sempre, anche loro, se pur senza prove scientifiche, accostato a orecchio la Bellissima e Gloriosa Beatrice ad un angelo? Firenze, 14 Settembre 2009, festa dell’Esaltazione della santa Croce. F.to Giovangualberto Ceri